Il caso sta facendo discutere Torino da settimane. Da tempo alcuni genitori si lamentano dei prezzi, altri non si fidano completamente della qualità del cibo, altri ancora ne fanno una questione di principio. E chiedono che i figli possano portare da casa il pasto invece di usufruire della mensa. Ne è nato un braccio di ferro con le istituzioni e una battaglia in sede giudiziaria. Si è conclusa recentemente quando un'ordinanza del tribunale di Torino, depositata, ha respinto il reclamo presentato dal Miur contro le richieste dei genitori, autorizzando chiunque lo desideri a rifiutare il servizio mensa. Nel documento si afferma che è un diritto garantito dalla Costituzione e vale per tutti, non soltanto per le 58 famiglie che hanno promosso la causa.
Ma non è tutto. Lo studio legale che le ha affiancato sottolinea che ora il Comune di Torino, la Regione Piemonte e l’amministrazione scolastica devono seguire punto per punto le disposizioni: «I bambini, per esempio, devono mangiare tutti insieme nello stesso locale, quelli con il lunch-box e quelli con il menu standard, sotto la sorveglianza dei docenti. La mensa è un momento formativo e non può dare origine a discriminazioni».
Il Codacons, l'organizzazione dei consumatori, ricorda che «già da tempo sostiene la necessità che i genitori degli alunni che frequentano le mense abbiano la libertà di poter alimentare i loro bambini e ragazzi nel modo che ritengono migliore, portando a scuola la cosiddetta “schiscetta”». Il presidente Marco Maria Donzelli considera«inaccettabile che venga impedito ai genitori di poter scegliere il pasto dei propri figli, anche ad un costo inferiore a quello attualmente previsto dalle mense scolastiche. Inoltre le scuole devono organizzarsi in modo tale da evitare qualsivoglia genere di separazione tra chi usufruisce della mensa e chi no. Bisogna evitare di creare muri tra i bambini».
Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti Lombardia, regione dove vengono distribuiti 8 milioni i pasti nelle oltre 5.860 mense scolastiche, segnala che, secondo dati in suo possesso, un italiano su cinque dà una valutazione negativa dei piatti proposti: «bisogna puntare su qualità e prodotti del territorio anche perché le mense non sono dei semplici luoghi dove si mangia, ma vanno considerate come vere aule didattiche per l'educazione alimentare. È quindi comprensibile e condivisibile l'attenzione che i genitori dedicano a quello che i figli mangiano a scuola».
Al di là della scelta dei genitori, oggi forse troppo impegnati a monitorare l’alimentazione dei figli in nome di un salutismo a volte davvero esagerato, resta il fatto che alcune mense sono davvero care e non sempre offrono un servizio di qualità. Ma l’importanza durante le ore scolastiche di condividere la mensa non è da sottovalutare. Mangiare lo stesso cibo è fortemente educativo e formativo e siamo sicuri che condividere durante il pranzo lo spazio e i tempi, ma ognuno con la sua schiscetta, sia la scelta giusta.
Le lamentele sui menù delle mense scolastiche sono all'ordine del giorno. Lo sanno bene le mamme e i papà. Solitamente vengono dai bambini non abituati ad assaggiare nuovi prodotto né capaci di adattarsi ai cibi diversi da quelli che si mangiano in famiglia. Quello che si chiede a una mensa è la buona qualità dei prodotti e il prezzo sostenibile per tutte le famiglie. Dati questi due fattori, i genitori dovrebbero, invece di cavalcare la protesta dei figli, educare ad adattarsi e ad assaggiare. E non osiamo immaginare, soprattutto con i bambini di materna ed elementari, la confusione quando al momento del pranzo ognuno tirerà fuori il suo panino, la sua pasta, la sua frutta, la sua verdura o i suoi biscotti….
Anche Piero Fassino, Presidente dell'Anci (Associaziona Nazionale Comuni Italiani), è intervenuto: «Consumare i pasti nelle mense rappresenta un momento fondamentale di aggregazione, di crescita pedagogica e di una corretta educazione alimentare. Non sfugge come una buona alimentazione stia diventando sempre più un'esigenza di cultura e salute, da insegnare fin da bambini. Lasciare che ogni alunno si porti il pasto da casa rischia di essere un errore che come istituzioni non possiamo permetterci».
«Per i bilanci comunali - ha aggiunto Fassino - il panino in classe potrebbe risultare vantaggioso per la riduzione della spesa pubblica: meno cucine, meno personale, meno bandi, meno costi. Qui parliamo però della crescita dei nostri figli, della loro formazione e della loro salute e non possiamo farne una questione meramente economica. L'impegno alla cura e all'educazione uguale per tutti si manifesta anche in questo momento della giornata scolastica: è un processo educativo essenziale, non solo un utile servizio a domanda individuale».