Sorprende tutti, papa Francesco. Ed è lui a regalare al presidente Castro e al Consiglio dei ministri il mosaico della Vergine della Carità del Cobre, patrona di Cuba. Già nel discorso iniziale Bergoglio aveva fatto riferimento alla Vergine per dire che è lei il punto di riferimento per un Paese e un popolo che si muovono nell'ottica della giustizia e della solidarietà.
In piazza della rivoluzione sono venuti in tanti per vedere Francesco, ascoltarlo, farsi "confermare nella fede", come ripetono i ragazzi delle parrocchie cubane che hanno animato le strade del Paese per preparare la visita del Papa.
Bergoglio, all'ombra della grande immagine del Che e poi di quella di Camillo Cienfuegos, altro martire della rivoluzione, arriva un'ora prima della messa per avere il tempo di intrattenersi con le persone. "Siamo la gioventù del Papa, siamo la tua gioventù", cantano a ritmo cubano i ragazzi assiepati fin dalla notte.
Al primo evento pubblico di papa Francesco, il terzo Pontefice ad arrivare nell'isola nel giro di 15 anni, in prima fila anche Raul Castro - "parteciperò a tutte le messe", aveva dichiarato il presidente alla fine della udienza dello scorso maggio in Vaticano - e la presidente dell'Argentina Kirchnen.
E, vicino al motto "Hasta la victoria siempre", la gigantografia di papa Francesco che lava i piedi ai detenuti e il motto del viaggio. "Misionero de la misericordia".
«Chi non vive per servire, non serve per vivere», è la conclusione della lunga omelia di papa Francesco. Spiegando il Vangelo del giorno, quello dei discepoli che discutono tra loro chi sia il più grande, Bergoglio sottolinea che la domanda «“Chi è il più importante?" è una domanda che ci accompagnerà per tutta la vita e alla quale saremo chiamati a
rispondere nelle diverse fasi dell’esistenza. Non possiamo sfuggire a questa
domanda, è impressa nel cuore».
E la risposta di Gesù, l'orizzonte che ci pone «è sempre una proposta per la vita quotidiana, anche qui, nella “nostra”
isola; una proposta che fa sempre sì che la quotidianità abbia il sapore
dell’eternità.
Chi è il più importante? Gesù è
semplice nella sua risposta: "Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di
tutti e il servitore di tutti". Chi vuole essere grande, serva
gli altri, e non si serva degli altri!
Sta qui il grande paradosso di
Gesù. I discepoli discutevano su chi dovesse occupare il posto più importante,
su chi sarebbe stato il privilegiato, erano i discepoli, i più vicini a Gesù che discutevano di questo, su chi sarebbe stato al di sopra della
legge comune, della norma generale, per mettersi in risalto con un desiderio di
superiorità sugli altri. Chi sarebbe asceso più rapidamente per occupare
incarichi che avrebbero dato certi vantaggi.
Gesù sconvolge la loro logica
dicendo loro semplicemente che la vita autentica si vive nell’impegno concreto
con il prossimo, ovvero servendo».
Ma ci sono due tipi di servizio: uno che serve gli altri e un altro che si serve degli altri.
Il Papa invita a prendersi cura della fragilità degli altri «di coloro che sono fragili nelle
nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo. Sono i volti
sofferenti, indifesi e angosciati che Gesù propone di guardare e invita concretamente
ad amare. Amore che si concretizza in azioni e decisioni. Amore che si
manifesta nei differenti compiti che come cittadini siamo chiamati a svolgere.
Sono le persone in carne e ossa con la loro vita, la loro storia e specialmente la
loro fragilità quelle che siamo invitati da Gesù a difendere, ad
assistere, a servire. Perché essere cristiano comporta servire la dignità dei
fratelli, lottare per la dignità dei fratelli e vivere per la dignità dei
fratelli. Per questo, il cristiano è sempre invitato a mettere da parte le sue
esigenze, aspettative, i suoi desideri di onnipotenza davanti allo sguardo
concreto dei più fragili».
Ma bisogna guardarsi dalla «tentazione del “servizio”
che “si” serve. Esiste una forma di esercizio del servizio che ha come
interesse il beneficiare i “miei”, in nome del “nostro”. Questo
servizio lascia sempre fuori i “tuoi”, generando una dinamica di
esclusione.
Tutti siamo chiamati dalla
vocazione cristiana al servizio che serve e ad aiutarci a vicenda a non
cadere nelle tentazioni del “servizio che si serve”. Tutti siamo
invitati, stimolati da Gesù a farci carico gli uni degli altri per amore. E
questo senza guardare accanto per vedere che cosa il vicino fa o non fa». Perché Gesù
ci dice: «"Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di
tutti"», quello sarà il primo. Non dice: “Se il tuo vicino desidera essere il primo,
che serva”. Dobbiamo guardarci dallo sguardo che giudica e incoraggiarci a
credere nello sguardo che trasforma, al quale ci invita Gesù».
E il servizio, ricorda il Papa, «non è mai ideologico,
dal momento che non serve idee, ma persone.
Il santo Popolo fedele di Dio
che vive a Cuba è un popolo che ama la festa, l’amicizia, le cose belle. È un
popolo che cammina, che canta e loda. È un popolo che ha delle ferite, come
ogni popolo, ma che sa stare con le braccia aperte, che cammina con speranza,
perché la sua vocazione è di grandezza. Così potete affrontare i prossimi. Oggi vi invito a prendervi cura di
questa vocazione, a prendervi cura di questi doni che Dio vi ha regalato, ma
specialmente voglio invitarvi a prendervi cura e a servire la fragilità dei
vostri fratelli. Non trascurateli a causa di progetti che possono apparire
seducenti, ma che si disinteressano del volto di chi ti sta accanto».
Perché, conclude il Papa, «la grandezza di un popolo, di una nazione; la grandezza di una
persona si basa sempre su come serve la fragilità dei suoi fratelli. In questo
troviamo uno dei frutti di una vera umanità.
“Chi non
vive per servire, non serve per vivere”».