Gli amici ammutoliti, i parenti sconvolti, un’intera comunità incredula, un Paese intero che ascolta attonito l’ennesima notizia di un figlicidio. Una giovane donna di 23 anni di Mascalucia, Martina Patti, prima ha evocato un rapimento a mano armata per giustificare scomparsa della piccola Elena, di 5 anni, poi, in meno di un giorno, ha indicato alle forze dell’ordine il terreno, poco distante da casa, dove rinvenire il corpo straziato della figlioletta.
Una manciata di ore durante le quali la Procura ha cercato qualche briciola di riscontro alla poco probabile ipotesi di un sequestro. Le telecamere televisive hanno indugiato sui lineamenti della madre, della nonna, di chi, nel piccolo borgo, aveva dettagli di qualche ordine da aggiungere. Nel frattempo, gli inquirenti interrogavano le telecamere di sicurezza della zona per escludere la presenza di movimenti sospetti in un qualsiasi caldissimo lunedì pomeriggio di giugno.
Certe tragedie avvengono mentre nessuno le pensa possibili. Le fredde statistiche dicono che negli ultimi dieci anni la media di vittime causate dai loro stessi genitori, è di un caso ogni quindici giorni.
Di alcune tragedie, come questa, si parla, nel bar come in ufficio, perché il destino l’ha disegnata lungo strade di campagna, nella provincia, con tanto di volanti delle forze dell’ordine che cercavano gli improbabili cattivi, in una fase calante della Pandemia, in un tempo di guerre alle porte dell’Europa.
Non è facile credere che i sospetti evocati da una mamma con disagi non ancora del tutto chiariti, fossero già indicativi di un vissuto di assedio e sfiducia. Prevale l’inquietudine perché, quando sarà dimostrato giudiziariamente quello che è stato, avremo comunque sempre un innocente, Elena, finita su di un altare per un inutile sacrificio.
Tragedie così balzano all’attenzione perché scopriamo che non è indolore diffondere la menzogna che chi prende impegni è meno furbo degli altri e che è vincente chi imbastisce le relazioni oggi e domani già le disfa.
Per questo, nelle stesse ore in cui la signora Patti inizia ad orientare le indagini rivelando tutto il suo disorientamento, la Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti, relaziona al Parlamento sul bene che deriverebbe al Paese intero se, soprattutto nel contesto delle liti tra i genitori, i bambini e i ragazzi fossero davvero visti ed ascoltati.
Alcuni lutti, come questo, occupano le prime pagine della stampa nazionale perché l’immagine della bara che porta via il corpicino maldestramente occultato trafigge il cuore come le bare che attraversarono le vie di Bergamo. Si può tirare un breve sospiro di sollievo perché è confutata la tesi del commando che rapisce i bambini, ma resta il fatto che una famiglia fragile diventa, da un momento con l’altro, il teatro di una tragedia shakespeariana. Da un momento con l’altro, senza che ci si accorga, senza che si pensi, allo stesso modo delle numerose violazioni dei diritti dei minori, che arrivano alle luci della cronaca e ai controlli di sicurezza oltre il tempo massimo. Anche di martedì, mercoledì e tutti gli altri giorni della settimana, festivi compresi, possono circolare per il Paese minori stranieri non accompagnati, la dispersione scolastica galoppa, il benessere psichico di bambini e ragazzi non trova adeguati servizi di assistenza, i social diventano cassa di risonanza di atteggiamenti prepotenti e di comportamenti violenti. Parola di Garante: (https://www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/2022-06/agia-relazione-parlamento-2021.pdf).
Ai funerali della piccola Elena forse ci domanderemo quali parole dire. Sarebbe più rilevante domandarsi quale mano dare, perché le fragilità negate scoppiano proprio quando non si pensa. E pensare significa iniziare a riconoscere che c’è qualcosa di mortifero nella pretesa di una vita perfetta, nella pretesa di un corpo scolpito, nella pretesa di non essere toccati da una sofferenza psicologica, nella pretesa di essere genitori perfetti, ottimi figli, studenti impeccabili, lavoratori di successo. E a fare le spese di un sistema carnivoro con le vite delle persone restano, a tutti gli effetti, scartati e dimenticati, gli innocenti.
(Sergio Astori, Psicoterapeuta e docente all’Università Cattolica)