«Da musicista la mia adesione
a questa campagna è quasi
naturale». Amedeo Minghi è
uno dei cantautori italiani
di successo più conosciuti e
amati all’estero. Nella sua lunga carriera
ha pubblicato 30 album. Ha cantato
davanti a Giovanni Paolo II una delle
canzoni che hanno fatto il giro del mondo:
Un uomo venuto da lontano, accompagnata
da un video che racconta la vita
straordinaria di papa Wojtyla.
Le parole della quotidianità a volte
sono pietre. Feriscono, emarginano, uccidono.
«Ma il linguaggio della musica
è diverso», spiega il maestro.
«Nel secolo
scorso le opere più belle in assoluto
le hanno realizzate i neri: Duke Ellington,
ad esempio, o l’immortale Stand
by me di Ben E. King. La musica non tiene
conto del colore della pelle o di determinate
caratteristiche fisiche, ciò che
conta è l’opera dell’artista». Minghi ricorda
una tappa della sua carriera di cui
va particolarmente orgoglioso: marzo
2009, Terra Santa. Nella basilica di Nazaret
un artista arabo-palestinese e uno
israeliano cantano insieme in occasione
dell’Anno Paolino. «La musica compie
spesso miracoli come questo», dice.
Dapoco è uscito Suoni tra ieri e domani,
il suo nuovo album che raccoglie dieci rivisitazioni
di brani del suo repertorio con la
collaborazione della pianista Cinzia Gangarella.
È un bilancio della sua carriera?
«Ma no», ride il maestro, «gli artisti non
fanno bilanci, vanno avanti finché hanno
energia e progetti. E io ne ho ancora tanti
». Dopo l’America, il tour di Minghi arriva
in Italia: tappe il 29 novembre a Bologna,
il 21 dicembre a Torino e il 22 a Milano.
«Ci sarà da divertirci», promette.
#migliorisipuò | Anche le parole possono uccidere