Le sfide della nocciola in Piemonte: tracciabilità dal campo alla tavola in un’ottica di economia circolare. Questo il titolo del convegno organizzato dalla Confederazione italiana agricoltori (Cia) di Asti a Nizza Monferrato. La cultivar di nocciolo Tonda Gentile è la più famosa al mondo e la sua coltivazione è concentrata in un’area che comprende le colline di Langhe, Roero e Monferrato, territorio dichiarato nel 2014 Patrimonio dell’Umanità Unesco. La provincia di Cuneo, e in particolare le Langhe, con i suoi 7000 ettari, copre circa il 90% della produzione della superficie regionale dedicata alla corilicoltura. Ma come riconoscere la Tonda Gentile? A maggio i ricercatori dell’Università di Torino hanno messo a punto la prima sequenza del genoma di Tonda Gentile delle Langhe, che ha un suo specifico profilo genetico. “Una volta che il Dna ci ha detto che si tratta di Tonda Gentile delle Langhe, dobbiamo fare un passo ulteriore, cioè capire in base a un approccio chimico oggettivo dove sia cresciuta, se nelle Langhe o altrove”, spiega Francesca Scandellari di Tointech srl in merito alla nuova frontiera della tracciabilità e al progetto CoryTeVa. “Il profilo chimico di un prodotto vegetale dipende dalle sue interazioni con l’ambiente che lo circonda, condizioni pedoclimatiche e territorio, e dalle pratiche agronomiche. Ma come possiamo riconoscere questi parametri specifici? Noi studiamo alcuni elementi che costituiscono la biomassa, come idrogeno, azoto, carbonio e ossigeno e il loro rapporto isotopico. Analizziamo le caratteristiche chimiche dell’ambiente con quelle della biomassa vegetale per realizzare delle mappe geografiche che marcano alcune zone. Più isomappe avremo, più sarà riconoscibile la zona in cui è cresciuta la nocciola. La nocciola che cresce a Bolzano ha un rapporto isotopico dell’ossigeno diverso da quella che cresce a Palermo”.
Tracciabilità ma anche qualità in tavola. “Oggi non basta più dire che la nocciola delle Langhe è la migliore. Dobbiamo anche essere in grado di argomentarne il perché, spiegando se ci sia una qualità funzionale legata ad aspetti salutistici. Il profilo polifenolico è diverso a seconda della varietà. La nocciola è ricca di quegli acidi grassi polinsaturi e fitosteroli che contrastano l’assorbimento intestinale del colesterolo e protegge dalle malattie cardiovascolari e degenerative. È ricca di antiossidanti, di vitamina E e di polifenoli che sono inversamente correlati a una serie di patologie. Ma la sua qualità è elevata se la filiera è controllata. La fase di post raccolta, una delle più importanti per determinare la qualità finale del prodotto, e quella di stoccaggio sono spesso sottovalutate. La qualità si fa in campo ma bisogna preservarla anche dopo”, spiega il professor Luigi Lucini, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Nocciola e materiale di scarto, i cosiddetti sottoprodotti: come riciclarli in un’ottica di economia circolare? “Lo scarto non è destinato a essere per forza rifiuto. Quello che mangiamo della nocciola fa bene alla salute, ma anche quello che non mangiamo va valorizzato. È un concetto che parte a monte del prodotto e non deve diventare uno strumento di marketing, altrimenti se ne perde l’oggettività”, commenta Giorgio Iviglia di Poliphenolia, azienda cosmetica che dal 2015 produce prodotti per la salute della pelle partendo dalle vinacce di uva del territorio. “Con i sottoprodotti bisogna avere un approccio scientifico. Lo scarto della nocciola è molto alto. Ci sono circa 70mila ettari coltivati in Italia e una produzione annua di 130 mila tonnellate. Il 55% del peso della nocciola è costituito dal guscio e il 2% dalla cuticola, quindi si generano 65mila tonnellate di scarto all’anno, che oggi solo in minima parte sono riutilizzati come pellet per il riscaldamento o reinserite in campo. Negli scarti riscontriamo molecole di interesse in campo medico e nutrizionale. Con i sottoprodotti si possono realizzare prodotti cosmetici e a questo scopo collaboriamo con l’azienda vitivinicola Ghione, a Canelli, dove con gli scarti delle vinacce, in particolare del Moscato, realizziamo prodotti naturali di bellezza”. Alessandro Durando, produttore di nocciole e di vino in Monferrato, aggiunge: “Con le cuticole, la pellicina che si stacca durante la tostatura, e i gusci abbiamo attivato due sperimentazioni, una con Poliphenolia per creare prodotti cosmetici e biomedici e l’altra con il Politecnico di Torino che prevede un blocco completamente naturale per la costruzione in bioedilizia, che si chiamerà ‘noccioblocco’”. Conclude Iviglia: “I sottoprodotti devono acquisire valore. Avviare un ciclo senza scarti è l’obiettivo che ci dà l’Unione Europea”.