Ognuno di noi ha dei sogni. Anche chi all’apparenza pare averli realizzati quasi tutti. Roberto Bolle, 43 anni, primo ballerino nella storia a essere insieme étoile del Teatro alla Scala e dell’American Ballet di New York, sembra averne ancora tanti. E uno ce lo confessa subito: «Vorrei danzare per papa Francesco, un uomo che ammiro tantissimo e dice cose che toccano il cuore».
Lui, che viene da Trino Vercellese, paesino del Piemonte vicino a Casale Monferrato, in realtà conosce bene l’emozione di ballare di fronte ai grandi del mondo. Persino davanti a un Papa.
La sua occasione era stata durante la Giornata mondiale della gioventù del 2004. In San Pietro, seduto a guardarlo, c’era Giovanni Paolo II. «Quando penso a certi momenti della mia vita, quasi non ci credo. Mi sembra di averlo solo immaginato», Roberto sorride. «Fu qualcosa di inimmaginabile: migliaia di ragazzi riuniti in armonia, nella gioia di incontrarsi e stare insieme nella fede. C’era un’energia positiva che si respirava, quasi si toccava. Un’emozione fortissima che non posso dimenticare».
Come è stato, invece, danzare per la regina Elisabetta?
«Era il 2002. Un ballerino si era infortunato e ho avuto la grande occasione di ballare a Buckingham Palace al suo posto per il Giubileo dei 50 anni di regno della regina. Anche in questo caso, se non ci fossero le immagini non ci crederei. Nella mia lunga carriera ho sudato, lottato, vissuto con grande passione ogni momento per arrivare a ballare ad altissimi livelli, per raggiungere l’eccellenza. Ma certi eventi che mi sono accaduti sono andati al di là di ogni mia aspettativa. Come ballare al Bolshoj alla presenza del presidente russo Vladimir Putin. O ancora, incontrare una donna unica come Lady Diana: era radiosa ed emanava una sorta di luce nel relazionarsi con gli altri».
Sappiamo che nel tuo cuore c’è una chiesetta di Trino, che hai promosso come luogo del Fai...
«San Michele in Insula si trova a poche centinaia di metri dalla scuola che frequentavo da piccolo, prima di trasferirmi a Milano alla Scuola di ballo della Scala. La chiesetta si trova appena fuori dal centro del paese, in mezzo agli alberi. Un luogo silenzioso e spirituale, dove mi sono ritirato spesso a pregare. Significa molto per me. Mi capita spesso di cercare di raccogliere pensieri ed emozioni in una chiesa e anche a New York ne ho una “mia”. Quanto a Milano, che con il Teatro alla Scala è in fondo la mia vera casa, il luogo dove sono cresciuto e mi sono formato, ho un ricordo speciale. Ho ballato una volta sul sagrato del Duomo. Anche in questo caso l’emozione è stata fortissima».
Grazie al Fai e con i tour di “Roberto Bolle and Friends” hai volato nei siti più belli d’Italia.
«Interpretare Apollo di Balanchine a Pompei o al Colosseo è stato ben diverso che danzarlo sul palco di un qualsiasi teatro. Ho ballato Romeo e Giulietta all’Arena di Verona... In questi spazi respiri la storia, la intuisci e, mentre danzi, essa ti ispira. Il passato ti aiuta a interpretare i ruoli».
Nel 2018 sei tornato alla Scala con due eventi che hanno fatto la storia del teatro: il Trittico con il Boléro di Béjart e la “Serata Nureyev”.
«Desideravo da anni salire sul tavolo rosso che Maurice Béjart ha creato per la musica di Ravel. Si tratta di una delle coreografie più amate della storia del balletto. Avevo prima di me l’esempio di grandissimi interpreti, da Maya Plissetskaja a Luciana Savignano, da Sylvie Guillem a Jorge Donne. La musica di Ravel, quasi ossessiva nel suo lungo crescendo, ti entra nel corpo, ti muove. Fino alla grande esplosione finale. Ogni passo ha una grande forza e richiede un’incredibile energia. In questo, l’accompagnamento da parte del maestro d’orchestra David Coleman è stato di grande sostegno. Al gala Nureyev ho avuto l’onore di ballare per un indimenticabile genio della danza, una persona che ho avuto la fortuna di conoscere e che mi è sempre stato di esempio. Lui non era solo un danzatore di infinito talento, ma una vera star e ha contribuito con il suo carisma a far conoscere e diffondere la danza».
Un obiettivo che anche tu hai messo in pratica, con la prima edizione della Settimana della danza a Milano...
«Questa è la città della moda e del design. Perché non pensare anche a una settimana dedicata a questa bellissima arte? Ci abbiamo creduto molto e il Comune e le istituzioni ci hanno aiutato. OnDance è l’ennesima sfida. Mi piace pormi sempre nuovi traguardi: non riesco mai a stare troppo tranquillo. Da qui l’idea di creare un evento diffuso, per coinvolgere ogni angolo della città, accendendola con la danza».
(Tratto da La nuova sfida di Roberto Bolle. «Vi farò ballare tutti di gioia», pubblicazione originale su FC23/2018. Foto nell'articolo: Ansa)