Di fronte all'omicidio di Noemi tornano più che mai attuali le parole di Francesca Romana Capaldo, vice questore aggiunto della Polizia di Stato presso il Sco (Servizio centrale operativo) della Direzione centrale anti crimine a Roma e interpellata per altri casi di crimini violenti verso le donne come quello di Sara Di Pietrantonio, la studentessa 22enne bruciata viva in via Magliana lo scorso anno: «il femminicidio è un problema strutturale. Quando si è aconoscenza di atti simili il nostro consiglio è sempre quello di chiamare immediatamente i numeri di pronto intervento. La telefonata può in molti casi evitare tragici epiloghi», aveva allora spiegato la dirigente della Mobile che, tra l'altro, lo scorso 4 settembre ha contribuito all'arresto dei responsabili dello stupro di Rimini. Riproponiamo le sue parole purtropo ancora attuali.
- Cosa deve fare una donna per evitare di giungere a gesti estremi e fatali da parte di chi la perseguita?
«Come Polizia di Stato forniamo consigli utili per non alzare il livello di rischio. Prima fra tutti quello di denunciare,perché solo così si interrompe l’escalation di violenza. La progressione di violenze e persecuzioni provengono quasi sempre da una persona cui la donna è legata da un rapporto affettivo attuale o pregresso. Per questo tende a sottostimare il pericolo, e non pensa che quella persona possa mai arrivare a fare realmente del male a lei e ai suoi figli. In realtà è molto pericoloso sottostimare certe situazioni. Per esempio consigliamo sempre di evitare il cosiddetto “ultimo incontro chiarificatore”. Ci sono poi molti strumenti normativi per spronarla a superare le sue titubanze. Oltre alla denuncia c’è la possibilità di chiedere un ammonimento al Questore per stalking».
- L’ammonimento spaventa davvero chi maltratta o perseguita?
«La violenza è un fenomeno trasversale e riguarda tutte le classi sociali e a qualunque livello culturale. In alcuni casi, nella nostra esperienza, l’ammonimento ha avuto effetti positivi perché alcuni soggetti, come i corteggiatori insistenti, non avevano compreso la gravità e il valore giuridico delle loro azioni».
- E amici e familiari come devono comportarsi per aiutare una donna in pericolo?
«Anche familiari e amici possono intervenire. Nell’articolo 3 della legge 119/2013 è prevista per chiunque sia a conoscenza di maltrattamenti e percosse all’interno di un nucleo familiare la possibilità di chiedere l’ammonimento per violenza domestica. La stessa legge ha dotato le forze dell’ordine di altri strumenti: la possibilità di effettuare un arresto obbligatorio in flagranza per maltrattamenti o per stalking. Ma c’è uno strumento nuovo che è l’allontanamento urgente dalla casa familiare in flagranza di reato».
- Come preparate gli agenti che devono affrontare queste situazioni?
«Il nostro ufficio valuta il fenomeno e le progettualità da mettere in campo. Alcune riguardano gli operatori e in particolare come improntare il primo contatto e far superare alla vittima la sua doppia paura: quella di presentarsi al cospetto delle Forze ordine ( sappiamo che si tratta di reati che maturano in ambienti familiari e intimi e quindi c’è sempre una certa ritrosia) e quella delle conseguenze per la sua denuncia. Si chiama progetto "SILVIA" e serve a far comprendere al personale di polizia che il primo contatto non va perso. La donna va accolta in una certa maniera. E’ fondamentale instaurare con lei fiducia ed empatia. Bisogna poi tratteggiare le varie figure di chi maltratta per indirizzarla verso le soluzione del problema e per darle la misura di quanto la situazione può essere grave».