Nel suo appello per un
gesto di clemenza a favore
dei detenuti, il Papa ha
giustamente sottolineato
che tutti, in talune circostanze,
possiamo sbagliare
anche gravemente. Mi permetto,
però, di aggiungere
che bisogna distinguere
tra chi sbaglia una volta
e chi elegge il crimine, la
violenza e la prepotenza a
sistema di vita. Le patrie
galere sono piene di gente
che ha fatto piangere e
soffrire, macchiandosi di
orrendi delitti e versando
sangue innocente. Perché
non si indice un Giubileo
per le vittime inermi dei
delinquenti?
SALVATORE R.
«Il perdono di Dio non conosce
confini», aveva scritto
papa Francesco nella bolla di
indizione del Giubileo della
misericordia. Dio vuole stare
vicino a chi più ha bisogno
del suo perdono. Per questo
il Papa ha stabilito che anche
la porta della cella fosse
“Porta Santa” per i detenuti,
per trasformare le sbarre in
esperienza di libertà. Ma per
chi persiste nella corruzione,
assunta come stile di vita,
Francesco non ha fatto mancare
dure parole di condanna:
«La Chiesa deve dire di no
alla ’ndrangheta. I mafiosi
sono scomunicati». Monito
che ricorda il grido di Giovanni
Paolo II ad Agrigento:
«Mafiosi, convertitevi!».