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martedì 10 settembre 2024
 
 

La povertà nascosta dell'Ecuador

28/10/2013  Impressioni dopo il primo mese di impegno nel quartiere di Cochapamba a Quito: la testimonianza di Miriam

I tassi di ritardo nella crescita dei bambini sotto i cinque anni sono un problema anche in America Latina. Almeno in alcune realtà come l'Ecuador dove la prevalenza dell'insufficienza di peso in questa fascia particolarmente vulnerabile è di oltre il 27%, a dispetto di isole felici come il Cile che si attesta sul 2%. E ancora, sempre in Ecuador, nonostante un patrimonio di ricchezze naturali con pochi rivali a livello planetario e una biodiversità che convoglia nelle sue foreste esperti e studiosi, i cambiamenti climatici e il crescente sfruttamento del "potenziale" dei cui benefici non gode però la popolazione fanno sì che il 25% dei suoi abitanti siano costretti in condizioni di povertà. La situazione si fa ancora più drammatica tra le comunità indigene e afro-ecuadoriane forzatamente trasferite nelle periferie delle grandi città. Già, ma dell'Ecuador, in fondo, si parla poco: troppo alti, ancora, gli interessi in gioco in virtù dei tesori minerari e petroliferi che ne alimentano l'economia. Troppo poco, ancora, valgono a livello mediatico le vite dei piccoli ecuadoriani. Insomma, il piccolo Paese andino non fa notizia.

Ma poi c'è chi se ne occupa e va avanti pur tra mille difficoltà. Quella di Miriam, in questo senso, è una storia esemplare: una ragazza giovane che ha scelto di aderire al progetto di Engim tramite il Servizio volontario europeo. La sua testimonianza apre uno spaccato genuino sulla realtà di Cochapamba, uno dei barrios più poveri della capitale Quito. Qui, ogni giorno, nel Centro Caritas, le suore del Cottolengo in partnership con Engim portano avanti un lavoro incessante di "taglia e cuci" nel tessuto sociale locale, gestendo mense popolari e ludoteche, offrendo assistenza psicologica e fisica a bambini e adulti e organizzando laboratori educativi e ricreativi. Per farla breve tutto quello che può contribuire a fare sana aggregazione.   

Il progetto ha come obiettivo principale non l’invio di cooperanti, ma l’accompagnamento di giovani volontari in un cammino di formazione che sia al tempo stesso capace di rispondere ai bisogni della realtà in cui si va ad operare. Obiettivo dello Servizio Volontario Europeo, è, infatti, quello di promuovere tra i giovani i valori della cittadinanza attiva e della solidarietà, per favorire la partecipazione di questi alla costruzione di una società europea che tuteli i diritti e i bisogni degli ultimi e che promuova i valori della pace e della tolleranza fra i popoli. La dimensione europea dei progetti SVE non viene meno neanche quando il servizio  volontario si svolge in Paesi extra-europei, in quanto il rispetto dei diritti umani è un valore fondante dell’Unione Europea, che si impegna a difenderlo e a promuoverlo, sia all’interno dei propri confini, sia attraverso la relazione con Paesi terzi. Ecco cosa ci ha raccontato Miriam.

«Tante sono le emozioni, positive e negative, vissute in questo primo mese di Servizio Volontario Europeo. L’opera si svolge presso il quartiere Cochapamba, al nord della città in teoria un quartiere benestante, ma che in realtà presenta una realtà multiproblematica e una forte povertà materiale e morale. Non è la povertà dell’Africa. Nessuno muore di fame e non ci sono bambini con la pancia gonfia per qualche strana malattia. È una povertà nascosta, ed è quando entri nelle case della gente ed ascolti le loro storie che allora ti entra dentro, fino all’osso».  

«Il nostro servizio inizia la mattina alle 9.30 di mattina. Siamo ben voluti dalle signore che lavorano al centro e sempre troviamo la colazione pronta. La mattina la dedichiamo ad attività di dopo scuola, con i bambini che hanno il turno scolastico pomeridiano, impartendo anche lezioni di inglese. Poiché in questa fascia oraria i bambini che frequentano il centro sono pochi dedichiamo il nostro tempo anche ad altre attività. È presente una farmacia e un guardaroba, ma il nostro aiuto è marginale poiché c’è del personale addetto. Un attività per la quale ci spendiamo molto è quella della risistemazione dell’orto. È presente un orto abbandonato e ci stiamo adoperando per rimetterlo a posto coinvolgendo anche gli anziani e persone con disabilità mentali. La mattina infatti, il centro ospita le persone più povere a cui viene data la colazione ed il pranzo».

«La giornata segue con l’accoglienza dei bambini per il servizio mensa e doposcuola. Attraverso le attività cerchiamo non solo di aiutare i bambini, lavoro di per sé già difficile dovuto ai deficit di attenzione e all’iperattività, ma anche di trasmettere valori diversi da quelli cui sono abituati a confrontarsi. Molti bambini provengono da situazioni familiari difficili, con casi di violenza assistita o subita. Il risultato non può che essere lo sviluppo di una condotta violenta e diffidente. Il nostro ruolo è anche quello di trasmettere amore, di accogliere le loro richieste spesso manifestate da gesti di rabbia incontrollata, di mostrare un modo di relazionarsi diverso da quello violento, sebbene a volte risulti molto difficile».  

«È difficile arrivare in un contesto diverso dal proprio e confrontarsi con la povertà materiale e con metodi pedagogici adottati da chi si prende cura del bambino ben lontani dai nostri. È difficile doversi spogliare delle proprie convinzioni, dei propri modi di pensare e dei propri modi di risolvere i problemi. È difficile fare i conti con il senso di impotenza e con il desiderio di cambiare tutto e subito. Non possiamo pensare di essere ancora una volta noi occidentali a poter “importare” la soluzione migliore a quelli che noi definiamo problemi. La nostra è una presenza umile e silenziosa che deve passare necessariamente per l’accettazione della realtà circostante ancora prima di poter adoperarci e accordarci con la comunità sulle attività da svolgere».  

«È solo un mese che abbiamo iniziato il nostro servizio e già molte sono le riflessioni fatte. Si spera che alla fine dell’anno si potranno raccogliere buoni frutti per il centro, per i suoi utenti e per noi volontari. Alcune restituzioni già ci sono state. Oggi che è il mio compleanno i bambini mi hanno riempito di cioccolatini, caramelle e bigliettini d’auguri. La cosa più grande che mi potessero regalare è stato il loro affetto, soprattutto in un giorno come questo».

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