Dipende tutto dal punto di vista. Se si ascolta chi nelle periferie urbane ed esistenziali opera giorno e notte, senza mai staccare, i contorni del fenomeno rimangono allarmanti. L'Istat ha reso noto che, nel 2014, 1 milione e 470 mila famiglie (ovvero il 5,7% del totale) è in
condizione di povertà assoluta, il che significa che 4 milioni 102 mila
italiani (il 6,8% della popolazione complessiva) ha seri problemi di indigenza, faticando a mettere insieme il pranzo con la cena. Ma, ed è una novità che legttima un bricolo di speranza, «dopo due anni di aumento, l'incidenza della povertà assoluta si mantiene sostanzialmente stabile», ha osservato l'Istat.
Non abbassiamo la guardia, pare rispondere a stretto giro di posta la Caritas italiana che ha pubblicato un dépliant riepilogativo su come, nel 2014, sono stati utilizzati i fondi, il tutto arricchito da alcuni esempi d’intervento in Italia e nel Sud del mondo. Per dare un’idea della tipologia di situazioni di disagio intercettate e prese in carico, la Caritas ha elencato qualche cifra. I dati raccolti nel corso nel primo semestre 2014 provenienti da 531 Centri d'ascolto in 85 diocesi (su 220 totali) parlano di 46.000 persone che hanno chiesto aiuto, di cui quasi la metà (46,5%) italiani e il 62,7% senza occupazione.
Rispetto agli interventi prevale l’erogazione di beni e servizi materiali (56,3%); tra questi spiccano in particolare la distribuzione di viveri e di vestiario e i servizi mensa. La seconda voce di intervento è quella dei sussidi economici, in particolare: pagamento bollette, contributi per le spese di alloggio, acquisto di generi alimentari, sostegno per le spese sanitarie. Va tuttavia contemporaneamente segnalato un aumento anche della richiesta di soli interventi di ascolto, spesso ripetuti nel tempo.
Caritas indaga anche sui perché. Cercando di capire e di rimuovere ciò che genera emarginazione. I colloqui che vengono realizzati presso i Centri di ascolto, infatti, sono finalizzati a contrastare le cause dell’esclusione sociale e della povertà. ll “bisogno” rappresenta una situazione problematica che una persona può vivere in un determinato momento della vita. Può essere l’esito di un percorso ormai consolidato e pertanto cronico, manifestarsi in modo continuativo nel tempo o al contrario essere occasionale, frutto di una situazione di improvvisa difficoltà (un lutto, la separazione dal coniuge, la perdita del lavoro) o di un disagio temporaneo (una malattia). Possono esserci bisogni manifesti, problemi latenti o dei quali lo stesso interessato non ha assunto consapevolezza. È per questo che la lettura (insieme all’interpretazione) del disagio costituisce uno dei processi più delicati che un operatore deve affrontare.
Con la consapevolezza della complessità di tale processo, si approfondiranno i dati sui “bisogni” raccolti nei 531 Centri considerati, sempre riferiti allo stesso periodo (primo semestre 2014). Come nel 2013, prevalgono i bisogni legati a situazioni di povertà economica: più di un utente su due ammette infatti di vivere in uno stato di deprivazione (54,3%). Tali situazioni, vissute in modo analogo da italiani e stranieri, coincidonospesso con l’assenza di un reddito o con un livello di reddito insufficiente. Seguono poi i problemi occupazionali (45,0%) e abitativi (20,1%); i primi coincidono in gran parte con la ricerca di un lavoro, quelli abitativi evidenziano per lo più mancanza di casa, residenze provvisorie, abitazioni precarie/inadeguate. Tra gli italiani risultano non irrisorie anche le situazioni di chi vive vulnerabilità in ambito familiare (15,9%) o problemi di salute (12,6%). Tra gli stranieri, invece, non sono trascurabili le difficoltà strettamente collegate ai processi di immigrazione (10,6%); tra queste pesano in modo particolare i problemi che nascono dall’irregolarità giuridica, dal pagamento di rimesse e da problemi burocratico-amministrativi.