La veste bianca di Michel Piccoli - né mozzetta né camauro, né stole - in Habemus Papam ha avuto sullo schermo l’effetto di un piccolo agguato a freddo. Il Papa uomo, prima che sommo Pontefice. Un uomo stretto dalle mura di San Pietro e tentato dal mondo di fuori. Sullo sfondo, una curia che osserva i suoi dubbi, li studia, li soffre, prova addirittura a curarli. Fuori un popolo che attende.
A due anni di distanza - con tutta l’acqua passata Oltretevere, gli scandali di curia, le dimissioni di Benedetto, l’arrivo di Francesco - lo spiazzamento è diventato reale. Fin dalla prima sera di Papa Bergoglio, la sua veste senza ornamenti, la semplicità del “Buonasera”, quel “pregate per me” che ribaltava categorie e secolari gerarchie. E’ allora che Habemus Papam è nato un’altra volta. E ha assunto il senso di una profezia.
Non vorremmo esagerare. E dispiacere a Nanni Moretti – auguri per i suoi “splendidi” 60 anni – che oltre a dividere da sempre gli altri (genio o bluff?) è persona strutturalmente in bilico tra soave gentilezza e glaciale insofferenza. Ma il punto è che la preveggenza sembra quasi una sua dote accessoria. Accessoria, intendiamo, al suo percorso di artista engagé (termine che lo farebbe inorridire, ovvio).
Una virtù che data almeno dai tempi di Palombella Rossa (1989), dove tanto di quel che sarebbe accaduto a sinistra dopo il crollo del muro è anticipato nella smemoratezza del funzionario Pci Michele Apicella. O del Caimano (2006) quando un “cavaliere noir” - condannato a 7 anni - fugge verso un metaforico altrove lasciandosi alle spalle la giuria che l’ha condannato in una scia di fuoco tutt’altro che metaforica. Vi ricorda nulla?
Insomma, non sappiamo se Moretti abbia o meno “pensato male” (consci noi che “chi parla male, pensa male”) ma spesso ci ha azzeccato. E si può essere suoi fan o meno, ritenerlo sopravvalutato e fastidiosamente narciso, ma “ha fatto cose e visto gente” che lo hanno portato a intravedere prima di altri. Nell’ordine: il disfacimento della sinistra, le mutazioni del ministero petrino, la putrescenza della politica (anche solo come attore in Il Portaborse), la solitudine dell’essere sacerdoti (con La messa è finita) e del dovere essere genitori anche nel dolore supremo (La stanza del figlio). Ha fatto cinema e anticipato tempi, snodi, crisi, scadenze. Saremmo curiosi di chiedergli a quale film (annunciato per il 2014) oggi stia lavorando questo Tiresia della cinepresa. Per prepararci. E forse per investire qualcosa da un bookmaker inglese.
Caro Nanni, l’articolo non le sarà piaciuto. Non importa: 60 auguri, anzi molti di più. Dia presto sue notizie.