Quella del 7 dicembre 2018, con la “prima” di Attila al Teatro alla Scala di Milano, verrà ricordata come una bellissima serata italiana. Per tanti motivi. L’accoglienza calorosa al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando si è affacciato al Palco Reale sarà ricordata a lungo. Mai, nella storia recente delle presenze istituzionali al Teatro, si ricordava un applauso così lungo e scrosciante. Un segnale di affetto e di stima nei confronti di un Presidente che con i gesti, più ancora che con le parole (sempre misurate e mai urlate), si dimostra sempre di più un garante della democrazia, delle istituzioni, del vivere civile. Un ruolo prezioso, quello di Mattarella, in un Paese che il Censis, nel suo ultimo Rapporto presentato proprio il 7 dicembre, descrive incattivito, dominato da paure e rancore.
Poche ore prima di andare a Milano, Mattarella aveva partecipato a Rimini alle celebrazioni per i 50 anni della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da Don Oreste Benzi. Una visita durante la quale il Presidente aveva detto, fra l’altro, che “non dobbiamo avere timore o addirittura vergogna di nutrire e manifestare buoni sentimenti, perché questi ci aiutano a migliorarci mentre invece il cinismo è triste e gretto, si inchina al cosiddetto realismo ritenendolo immutabile”.
Alla Scala Mattarella ha detto che la musica e la cultura sono “baluardo della democrazia”. Anche per questo il Capo dello Stato il 10 dicembre aveva programmato di tornare a Rimini per assistere a un altro capolavoro di Verdi, Simon Boccanegra, nel Teatro Amintore Galli riaperto a fine ottobre dopo decenni di restauri. Perché anche la rinascita di un teatro è un baluardo contro la barbarie. Ma nel primo pomeriggio del 9 dicembre l'Ufficio stampa del Quirinale ha comunicato che il Presidente ha annullato la sua partecipazione in segno di lutto per la tragedia di Corinaldo.
La “prima” di Attila è stata un successo che ha messo d’accordo il pubblico e la critica. Lodi alla direzione del maestro Riccardo Chailly (che ha fortemente creduto nella riproposizione di un titolo ingiustamente considerato minore nella produzione di Verdi); alla regia di Davide Livermore (che ha proposto uno spettacolo sontuoso, monumentale, elegante e ricco di richiami al mondo del cinema e dell’arte); ai costumi bellissimi di Gianluca Falaschi, ai solisti Ilda Abdrazakov, Saioa Hernandez, George Petean, Fabio Sartori, Francesco Pittari, Gianluca Buratto; al Coro preparato da Bruno Casoni.
Una serata perfetta anche nei palchi e nel foyer, con il giusto tocco di mondanità, ma senza eccessi e volgarità. I 1.888 spettatori presenti hanno portato nelle casse del Teatro 2 milioni 523 mila e 701 euro. Un tesoretto prezioso, perché fare cultura e produrre spettacoli d’opera, soprattutto come sa fare la Scala, ha i suoi costi.
La diretta di Rai1 è stata seguita da quasi 2 milioni di persone, con uno share del 10,8 per cento. Il picco di share si è avuto fra l’applauso al Presidente Mattarella e l’esecuzione dell’Inno nazionale, che molti in Teatro hanno cantato.
Tante buone ragioni per dire che la “prima” del Teatro alla Scala è un evento che fa bene all’Italia.