Una nostra lettrice ci scrive: «Cara "Famiglia Cristiana, ho 62 anni e ti scrivo da nonna. La domenica sera su Rai 1 trasmettono la fiction Braccialetti rossi. E' un programma intelligente e istruttivo e quindi mi chiedo perché debba essere trasmesso in orari proibitivi per i ragazzini che, il giorno dopo, devono andare a scuola. Insegna valori come l'onestà, l'amicizia, la condivisione, cose di cui abbiamo immenso bisogno tutti. La prima puntata era andata in onda alle 20.30. Meno male, mi ero detta, che hanno capito. Pura illusione! La seconda puntata è andata in onda alle 21.30...».
Cosa rispondere alla nonna? Innanzitutto diciamo che la Rai si è ben guardata dal tornare sui suoi passi. Ieri sera è andata in onda la quarta puntata che racconta le vicende di un gruppo di adolescenti ricoverati in un ospedale, ispirato alla storia vera dello scrittore spagnolo Albert Espinosa. Per conoscere gli sviluppi della storia d'amore tra Cris e Leo e l'alternanza di speranze e sconforto degli altri protagonisti della serie, gli spettatori hanno dovuto aspettare le 21.32. E, per chi ce l'ha fatta, restare svegli fino alle 23.19.
Eppure la scorsa estate i vertici della Rai erano stati molto chiari. Il direttore di Rai 1 Andrea Fabiano: «Le nostre prime serate
partiranno alle ore 21.15 dal lunedì al venerdì e il sabato e la
domenica direttamente dopo il Tg della sera. Questo è un
segnale forte di rispetto verso il pubblico». Il direttore generale Antonio Campo dall'Orto era stato ancora più esplicito: «Se partiamo alle 21.15 perdiamo sicuro, ma se anche fosse un disastro, fino a dicembre non si tocca niente, l'unico vero obiettivo è dare al pubblico la sensazione di essere rispettato: se dico nove e un quarto, è nove e un quarto».
Come no: far iniziare il programma di punta alle 20.30 nel weekend e alle 21.15 negli altri giorni significa anche farlo finire prima e quindi perderci in termini di ascolti complessivi sulla serata e di conseguenza di introiti pubblicitari. E allora, alla faccia delle promesse sbandierate, si è tornato al solito andazzo: costringere a tirar tardi i telespettatori e incamerare così più soldi, esattamente come fa la diretta concorrente Canale 5. Solo che la Rai dovrebbe essere un servizio pubblico, dato che, oltre agli spot, si finanzia soprattutto con il canone pagato dai cittadini. Ma eventemente anche nella Rai dei "rottamatori" queste brutte abitudini sono difficili da "rottamare".