Dipendenza da internet, cyberbullismo, uso sconsiderato dei social network, videogiochi che finiscono per sostituire la vita vera. Ecco il lato oscuro della rete. Computer e telefoni di ultima generazione (come gli smartphone e i tablet) sono una risorsa formidabile, ma nascondono anche trappole impensabili fino a pochi anni fa.
Gli adolescenti (prima generazione di “nativi digitali”) si avvicinano con estrema naturalezza alla tecnologia ed è anche per questo che sono più esposti ai rischi. I genitori dal canto loro sono allarmati: come controllare? Come mettere argini di protezione? Ecco allora, da Torino, “@Oltre la rete”, un'iniziativa espressamente pensata per le mamme e i papa. È un mini-corso di educazione digitale: tre incontri aiutano a capire come funzionano i nuovi mezzi di comunicazione e a individuare gli eventuali segnali di pericolo.
L'idea è di Alberto Rossetti, uno psicoterapeuta che da anni si occupa di disturbi psichici legati alla tecnologia. Nel tempo il suo interesse si è esteso dai casi clinici alla normalità: «Oggi tutte le famiglie si trovano alle prese con sfide educative inedite».
Sì, perché quando arriva uno smartphone (il più delle volte regalato ai ragazzi dagli stessi genitori) le relazioni diventano più difficili. I giovani tendono a isolarsi e gli adulti hanno la netta sensazione di perdere il controllo: i figli sono fisicamente lì presenti, ma in realtà assorbiti in un altro mondo. «C'è il rischio che si crei una sorta di ritiro sociale», spiega Rossetti, «cioè che si finisca per preferire la dimensione on-line a scapito della vita di relazione».
Facebook, Messenger, WhatsApp e un numero incalcolabile di chat: ormai i modi per comunicare in rete sono tantissimi: «A volte i ragazzi vivono il web come una scorciatoia: diventa un modo per aggirare la fatica, le inevitabili difficoltà insite nelle relazioni con i coetanei e con l'altro sesso».
Un discorso a parte riguarda il cosiddetto cyberbullismo (o, se vogliamo, “bullismo digitale”): «Su questo argomento c'è molta confusione». Tecnicamente si parla di bullismo in presenza di una vessazione ripetuta nel tempo, «ma sul web anche una singola offesa può fare molto male. I ragazzi devono capire che non c'è scollamento tra vita virtuale e vita reale: ciò che diciamo in rete ha delle ripercussioni importanti sulla quotidianità».
Anche senza arrivare ai casi estremi di vera e propria dipendenza, indubbiamente i pericoli ci sono. E spesso i genitori chiedono indicazioni su come comportarsi. «Non serve essere dei tecnici», risponde Rossetti, «anche perché nel tempo in cui noi impariamo a usare uno strumento, i ragazzi sono già passati a qualcosa di nuovo. Bisogna essere curiosi e appassionati».
Nessun allarmismo e nessuna censura a priori, dunque. Prima di tutto una sana informazione. Ma è soprattutto sull'importanza della relazione che lo psicoterapeuta pone l'accento: «Alla radice ci devono essere lo scambio, l'incontro, il passaggio di valori: tutto questo non va in pensione col digitale, anzi...». Quanto a smartphone e tablet «evitiamo di usarli come delle baby-sitter», raccomanda.
Per alcuni genitori la tecnologia è anche uno strumento di controllo: ad esempio, grazie ai sistemi di geolocalizzazione presenti nei telefoni, oggi è possibile sapere in ogni momento dove si trovi il proprio figlio. «Talvolta questo può essere utile», riflette Rossetti. «Stiamo attenti, però, perché l'educazione non si può ridurre semplicemente al controllo».