Davvero interessante il “Libro verde sulla società anziana in Germania, realizzato nel 2017 da Population Europe (network internazionale di 30 centri di ricerca demografici) e finanziato dall’associazione delle assicurazioni tedesche (GDV, oltre 450 società assicurative federate), a seguito del terzo Summit Demografico del governo federale tedesco (cui ha partecipato anche la Cancelliera Angela Merkel), a marzo 2017.
Tra i tanti motivi di interesse, almeno tre meritano di essere qui ricordati; in primo luogo l’evidenza che il tema riguarda ormai in modo generalizzato (e urgente) tutto il continente europeo. Il contesto italiano ha probabilmente criticità molto più complesse, rispetto ad un Paese come la Germania, sia dal punto di vista economico complessivo, sia per l’organizzazione del welfare, delle politiche familiari e previdenziali/pensionistiche, sia dal punto di vista demografico. Ma è significativo rilevare la chiarezza con cui il Libro verde tedesco sottolinea che «anche se questo cambiamento demografico non può essere evitato, esso costituisce una sfida per la nostra società, non un destino inevitabile cui siamo condannati. L’aumento delle aspettative di vita e il fatto che sempre più persone possano vivere in pienezza le proprie vite per molto tempo in vecchiaia sono conquiste che aprono nuove opportunità per le persone. Vista la forza della sua economia, le condizioni per garantire queste opportunità sono molto migliori in Germania che in altri paesi europei. Ma questo esige che siamo pronti ad adattarci, così come a ripensare i tradizionali percorsi lavorativi e i ruoli di genere convenzionali, e persino a ridefinire le relazioni tra la responsabilità personale e la solidarietà sociale». Consapevolezza, quella della necessità di cambiare radicalmente punto di vista, che sembra purtroppo mancare nel contesto dei decisori politici nel nostro Paese, soprattutto rispetto alle grandi questioni sociali.
Un secondo aspetto di interesse è la forte multidimensionalità di tematiche evidenziate dal Libro verde come importanti per costruire politiche attive di adattamento alle sfide di una società che invecchia. Non bastano politiche pensionistiche, non basta allungare la vita lavorativa delle persone, ma serve una attenzione specifica su molte direttrici: in particolare, nei tredici capitoli su cui si articola il Report (62 pagine nella sua versione inglese), il Libro verde pone una serie di domande molto precise: «che conseguenze ha sulla società l’invecchiamento della popolazione? Quanti sono gli anni in più in buona salute? Quanto sono produttivi gli anziani? Come si sviluppano le competenze cognitive da adulti e da anziani? Quali sono le differenze nell’invecchiare tra uomini e donne? Quante risorse economiche vengono trasferite tra le varie generazioni? Quale potenziale economico ha una società anziana? Che conseguenze ha l’invecchiamento sulla coesione sociale? Come convincere lavoratori e datori di lavoro al prolungamento della vita lavorativa? Che ruolo avrà il progresso tecnologico sul lavoro futuro? Cosa possono offrire le famiglie in una società anziana?». Come si vede, temi molto articolati, tra lavoro, protezione sociale, salute, il cui effetto congiunto può fare la differenza, in termini di adattamento positivo alle sfide dell’invecchiamento.
Ciascun capitolo, poi, si apre con alcune indicazioni operative, e ci sembra utile riportare qui quelle legate al ruolo delle famiglie (ed è il terzo punto), perché particolarmente sfidanti anche per il contesto italiano. Tre sono le “raccomandazioni” nel capitolo, significativamente intitolato “Famiglie in affanno”. «1) Le politiche sull’invecchiamento non dovrebbero sostituire i servizi garantiti dalle famiglie, ma dovrebbero piuttosto sostenere le famiglie nell’erogazione di questi stessi servizi (aiuto tramite auto-aiuto). Adeguate forme di sostegno comprendono incentivi monetari (come trasferimenti finanziari, deduzioni fiscali, ulteriori prestazioni previdenziali), servizi sanitari territoriali e sostegno per l’assunzione di assistenti familiari. 2) Le politiche sull’invecchiamento dovrebbero assicurare che gli anziani siano messi in condizione di rimanere il più a lungo possibile a casa propria, anche se le reti familiari non sono più in grado di prendersi cura totalmente di loro. 3) Considerato l’allungamento della vita lavorativa, dovrebbero essere intrapresi i necessari passi per garantire la compatibilità del lavoro retribuito e della cura familiare, sia nel mercato del lavoro (ad esempio come diritto a congedi) e come sicurezza sociale (ad esempio nella forma di assegni familiari)».
Centralità della famiglia, mantenimento dell’anziano nel proprio contesto sociale e abitativo, maggiore flessibilità nella fase finale della vita lavorativa: tutti aspetti su cui anche in Italia esiste ampia riflessione, e anche qualche sperimentazione positiva, ma sembra mancare scelte politiche strategiche (se si eccettuano gli interventi sul sistema previdenziali, peraltro estremamente controversi). Ma soprattutto la prima “Raccomandazione” appare particolarmente preziosa per il nostro Paese, perché la permanenza e il rafforzamento del ruolo della famiglia e della dimensione familiare del benessere degli anziani – nel nostro Paese irrinunciabile - non sia vista come un’obiezione, ma come una risorsa e un’opportunità di una rinnovata alleanza di cura, nel riconoscimento reciproco tra famiglie e sistema della solidarietà pubblica.
* direttore Cisf