Un solo anno, eppure sembra passato un
intero decennio. Il 17 ottobre 2011 molte organizzazioni cattoliche
si ritrovarono a Todi per manifestare il loro crescente disagio verso
una politica che stava mostrando evidenti segni di degenerazione e,
insieme, per esprimere la loro disponibilità ad assumere un ruolo
più attivo nel contesto sociale italiano. C’era il governo
Berlusconi, agonizzante, e sembrava quasi impossibile che qualcosa di
buono potesse apparire all’orizzonte.
Domani e dopodomani quelle
stesse persone torneranno ad incontrarsi, con qualche nuovo amico e
con qualche assenza – ad esempio Riccardi, Ornaghi e Passera,
allora protagonisti ed oggi ministri della Repubblica – per fare
il punto della situazione e lanciare nuove sfide. Un anno fa il
segnale fu chiaro: Berlusconi doveva lasciare spazio ad un nuovo
governo e bisognava aprire una nuova stagione politica, per superare
il bipolarismo ideologico e inconcludente che stava conducendo
l’Italia fuori dall’Europa. Ma cosa dobbiamo aspettarci da Todi2?
In primo luogo un confronto franco e leale, tra persone che sanno che
la tattica politica deve lasciare il passo al coraggio delle idee.
Un
anno fa eravamo ancora timidi. Era la prima volta che ci si ritrovava
dopo molto tempo tutti insieme, sapevamo che la responsabilità era
grande e potevamo essere facilmente fraintesi. Oggi sentiamo forte il
dovere di parlare chiaro. Mancano meno di sei mesi alle elezioni
politiche, i partiti sono in fase di dissolvimento (Pdl), lotta
intestina (Pd), ridefinizione (Udc e Lega), l’antipolitica cresce
insieme alla minaccia di astensione. Dai cattolici il Paese attende
nuovamente un segnale. Non so con esattezza quali saranno le uscite,
sarà un confronto vero, ma tre questioni sono certo saranno al
centro del dibattito: la richiesta di continuità dello “stile
Monti”, per non tornare indietro alle pastoie di una politica
rissosa e inaffidabile; la proposta di una nuova agenda sociale, da
integrare alla cosiddetta “agenda Monti” per dare al Paese
riforme in grado di creare più coesione sociale e solidarietà; la
richiesta di un impegno straordinario dei cattolici italiani per
contribuire all’avvio di una nuova stagione politica, fondata sul
servizio, la gratuità, il rigore morale.
Sono aspettative troppo
grandi? Può darsi, ma molti dirigenti dei movimenti e delle
aggregazioni laicali parlano, come a me accade quasi ogni giorno, con
i giovani senza lavoro, le famiglie impoverite, i disabili senza più
servizi. Non per questo forse troveremo soluzioni straordinarie, ma
sono convinto che almeno ci asterremo dall’usare il politichese dei
tempi andati. E, a cinquant’anni dall’apertura del Concilio,
daremo insieme il segnale di volerci assumere fino in fondo il nostro
compito laicale, consci dei rischi ma anche degli obblighi derivanti
dal Vangelo.
Un anno fa eravamo ancora timidi. Era la prima volta che ci si ritrovava dopo molto tempo tutti insieme, sapevamo che la responsabilità era grande e potevamo essere facilmente fraintesi. Oggi sentiamo forte il dovere di parlare chiaro. Mancano meno di sei mesi alle elezioni politiche, i partiti sono in fase di dissolvimento (Pdl), lotta intestina (Pd), ridefinizione (Udc e Lega), l’antipolitica cresce insieme alla minaccia di astensione. Dai cattolici il Paese attende nuovamente un segnale. Non so con esattezza quali saranno le uscite, sarà un confronto vero, ma tre questioni sono certo saranno al centro del dibattito: la richiesta di continuità dello “stile Monti”, per non tornare indietro alle pastoie di una politica rissosa e inaffidabile; la proposta di una nuova agenda sociale, da integrare alla cosiddetta “agenda Monti” per dare al Paese riforme in grado di creare più coesione sociale e solidarietà; la richiesta di un impegno straordinario dei cattolici italiani per contribuire all’avvio di una nuova stagione politica, fondata sul servizio, la gratuità, il rigore morale.
Sono aspettative troppo grandi? Può darsi, ma molti dirigenti dei movimenti e delle aggregazioni laicali parlano, come a me accade quasi ogni giorno, con i giovani senza lavoro, le famiglie impoverite, i disabili senza più servizi. Non per questo forse troveremo soluzioni straordinarie, ma sono convinto che almeno ci asterremo dall’usare il politichese dei tempi andati. E, a cinquant’anni dall’apertura del Concilio, daremo insieme il segnale di volerci assumere fino in fondo il nostro compito laicale, consci dei rischi ma anche degli obblighi derivanti dal Vangelo.