Jacopo Melio. Foto tratta dalla sua pagina Facebook.
Il pacco è servito, s’intitola la recensione su Tripadvisor di Ciro33, autore del commento, su un villaggio turistico abruzzese. «Ho prenotato questo viaggio per far divertire soprattutto i miei figli - scrive -. Siamo arrivati e nel villaggio era presente una miriade di ragazzi disabili. Non per discriminare, ci mancherebbe: sono persone a cui purtroppo la vita ha reso grandi sofferenze. Ma vi posso assicurare che per i miei figli non è un bello spettacolo vedere dalla mattina alla sera persone che soffrono su una carrozzina. Bastava che la direzione mi avvisasse e avrei spostato la vacanza in altra data. Sto valutando o meno di intraprendere una via legale per eventuali risarcimenti». Queste le parole che hanno fatto insorgere, sui social network, le famiglie di persone con disabilità, allarmate e indignate da quella che definiscono “scandalosa recensione”, ma preoccupate soprattutto per il numero elevato di “like”, che sfiora quota 300.
E risponde anche Iacopo Melio, che così si rivolge all'autore della recensione: «Caro testa a pinolo, ho saputo che sei stato in vacanza e che qualcosa è andato storto. Un gruppo di disturbatori ha infranto il tuo progetto di relax in mezzo al verde. (...) Mi trovo qui a scriverti due righe perché non so se un giorno anche io avrò dei figli come te. In realtà non so neanche se avrò un lavoro che mi permetterà di sognare una vacanza, ma andiamo per gradi: di certo una cosa l’ho ben chiara in testa, ed è la responsabilità genitoriale».
«Se mai un giorno avrò dei figli - continua Melio - vorrò insegnare loro che la vera disabilità è negli occhi di chi guarda, di chi non comprende che dalle diversità possiamo solo imparare. Disabile è chi non è in grado di provare empatia mettendosi nei panni degli altri, di mescolarsi affamato con altre esistenze, di adottare punti di vista inediti per pura e semplice curiosità. Se un giorno avrò dei figli saranno sicuramente più fortunati dei tuoi che, poveracci, di colpe non ne hanno. Più fortunati perché scopriranno che la mia carrozzina non è né più né meno di un paio di scarpe nuove con le quali iniziare viaggi, avventure, sogni, destini, speranze. Se un giorno avrò dei figli sapranno che il dolore, quello vero, è nascosto nell’indifferenza e non nella malattia. Che i brutti spettacoli del mondo ce li ha sempre “regalati” la cattiveria umana e mai la dignità. Che il mondo è popolato da persone diverse ma con gli stessi diritti. Che non esiste libertà abbastanza grande di quella che possiamo prenderci per essere felici. Perché vivere significa questo: esser messi in condizioni di poter fare del nostro destino ciò che si vuole, senza mancare di rispetto (ah, che bella parola!) a chi ci sta intorno».