Nel mare di Kara, la compagnia
petrolifera russa Rosneft e la ExxonMobil stanno conducendo
esplorazioni per poter sfruttare le risorse petrolifere,
probabilmente le più ricche dell'intera Russia.
Il presidente Vladimir Putin prevede
500 miliardi di dollari di investimenti nei prossimi 30 anni. Non
sorprende quindi che la Russia cerchi di ostacolare i "guerrieri
dell'arcobaleno" che – esattamente un anno fa – il 24 agosto 2012
avevano abbordato la piattaforma petrolifera artica di Prirazlomnoie,
gestita da Gazprom, chiedendo alla società russa di abbandonare i
suoi piani pericolosi di perforazioni artiche.
Con gli attivisti c'era anche il
direttore esecutivo di Greenpeace International, Kumi Naidoo:
«L'Artico sta subendo
aggressioni e ha bisogno che tutti facciano sentire la propria voce
per proteggerlo. Il divieto di trivellazioni petrolifere offshore e
la pesca sostenibile sarebbero una grande vittoria contro le forze
schierate contro questa regione e i quattro milioni di persone che ci
vivono».
L'Artico fa gola a tutti.
ExxonMobil, Royal Dutch Shell, Total e l'italiana Eni sono tutti
presenti, solitamente in joint ventures con compagnie statali russe
come Gazprom e Rosneft.
Per gli ambientalisti, però, i
rischi sono troppo elevati, dai possibili sversamenti petroliferi ai
danni alle popolazioni di mammiferi artici causati dalle
trivellazioni. Oltre 3 milioni e mezzo di persone nel mondo –
l'obiettivo è quota 5 milioni – hanno firmato una petizione di
Greenpeace (http://savethearctic.org)
per chiedere che l'Artico diventi un Santuario globale.
Al di là del merito, è deprecabile
il metodo usato dalle autorità russe che hanno negato il transito
alla nave ambientalista per tre volte, sostenendo che non fosse
attrezzata per navigare in quelle acque, mentre i certificati
internazionali prodotti dimostrano il contrario e oltre 400 navi –
molte con caratteristiche più modeste dell'Arctic - hanno percorso
quella rotta in questa stagione.
«La
Arctic Sunrise è una rompighiaccio perfettamente attrezzata per
operare in queste condizioni, addirittura più delle sei navi che
conducono esplorazioni petrolifere in queste acque. E in più in
questa stagione non c'è neanche ghiaccio. Le compagnie che stanno
lavorando qui prendono rischi senza precedenti in un’area in cui
vivono orsi polari, balene e altra fauna artica. Questo è un
tentativo di reprimere una protesta pacifica e tenere l’attenzione
internazionale lontana dall’esplorazione del petrolio artico in
Russia», commenta Christy
Ferguson di Greenpeace, a bordo dell'Arctic Sunrise.
La settimana scorsa la rompighiaccio
di Greenpeace aveva protestato nelle acque norvegesi del mare di
Barents contro una nave della compagnia Rosneft che effettuava
sondaggi per future trivellazioni petrolifere e ora la battaglia si
sposta in Russia.
Visto che l'imbarcazione
ambientalista batte bandiera olandese, il ministero degli Esteri dei
Paesi Bassi è intervenuto in sostegno del diritto a manifestare di
Greenpeace. La decisione di vietare alla nave l'ingresso nel mare di
Kara violerebbe sia la libertà di navigazione sancita dall'articolo
58 della Convenzione sul diritto del mare, che la libertà
d'espressione sancita dagli articoli 9 e 10 della Convenzione europea
sui diritti dell'uomo, a cui sulla carta aderisce anche la Russia.
L' Arctic Sunrise ha così
proseguito la navigazione e, quando ha avvicinato la nave russa
Geolog Dmitry Nalivkin intenta a condurre sondaggi per le
trivellazioni petrolifere, è stata intercettata dalla Guardia
Costiera, i cui uomini sono saliti a bordo dell'Arctic per
“un'ispezione”.
I militari hanno annunciato
l'istituzione di una “zona di esclusione” di 4 miglia marine
attorno alla nave russa, impedendo così agli ambientalisti di
documentare l'attività in corso e hanno minacciato di ricorrere
all’uso della forza e delle armi, costringendo così la
rompighiaggio di Greenpeace ad allontanarsi dalle sue acque
territoriali.
Il 25 agosto, intanto, mentre
milioni di persone guardavano in diretta televisiva il Gran Premio di
Formula 1 in Belgio, attivisti di Greenpeace hanno eluso i controlli
di sicurezza collocando un enorme striscione sopra le tribune per
denunciare i piani di Shell per trivellare l’Artico. Perché
l'incursione proprio al Gran Premio? Perché l'evento è
completamente sponsorizzato dalla multinazionale petrolifera
olandese.