(nella cover: il Centro Cuore di Reggio Calabria pronto dal 2015 e mai partito)
La curva dei contagi da Covid 19 in Calabria è inversamente proporzionale alla tenuta di un sistema sanitario ormai al collasso che paga lo scotto di 13 anni di commissariamento e di un disavanzo ‘lordo’ – a fine 2019 - di 200 milioni di euro. A pesare ancora di più nella consolidata maldestra gestione di un settore che costa l’80 per cento del bilancio della Regione è l’atavica inadeguatezza di una classe dirigente che della sanità ha fatto merce di scambio elettorale, oltre che una corsia preferenziale per coltivare interessi particolari e ingrassare carriere sulla pelle dei calabresi.
CALABRIA ZONA ROSSA Ed è così che in pochi giorni la Calabria, orfana oltre che dei livelli essenziali di assistenza anche della governatrice Jole Santelli, scomparsa prematuramente il 15 ottobre, si ritrova prima nella “zona rossa” – di fatto a scopo preventivo più che per casi accertati e indice di contagio – e poi proiettata alla ribalta nazionale per aver scoperto in diretta, nel corso di una trasmissione sulla tv di Stato, di essere stata in mano ad un commissario ad acta per il piano di rientro in sanità che neppure sapeva di essere stato nominato soggetto attuatore del piano anti-covid.
Una figuraccia, quella dell’ex generale Saverio Cotticelli, peggiorata da un’altra comparsata televisiva nel corso della quale oltre che incompetente è sembrato anche posseduto: ritornando sulle affermazioni precedenti, dopo aver scoperto davanti al giornalista che lo intervistava che lo scorso il 27 ottobre il ministro Speranza gli aveva detto che era lui il soggetto che doveva attuare il piano anti-covid, ci spiega invece che di piani ce ne sono due, e uno è stato firmato a giugno. Il primo, infatti, era stato annunciato dalla presidente Jole Santelli il 10 marzo scorso in un tripudio di collaborazione con Cotticelli, il secondo licenziato con decreto del commissario ad acta, il numero 91: “piano di riorganizzazione della rete ospedaliera”. Morale della favola: i calabresi scoprono che sono trascorsi invano otto mesi di scontri istituzionali e perdite di tempo ‘spingendoli’ in una zona rossa che, comunque, il presidente facente funzioni della Regione, Ninò Spirlì, ha contestato inutilmente davanti al Tar. Con i contagi quotidiani assestati ad una media di 400, e i posti letto che scarseggiano da giorni, c’è poco da scherzare con i numeri, e anche con il nome del fortunato chiamato a sostituire Cotticelli.
COTTICELLI E ZUCCATELLI Altro giro e altra bagarre politica, soprattutto nella maggioranza al governo tra Pd e M5S (che aveva sponsorizzato l’ex Cotticelli, vicino alla già ministra alla Sanità, Giulia Grillo): a raccogliere il testimone dell’ex generale, in quattro e quattr’otto, il premier Conte e il ministro Speranza indicano l’attuale commissario straordinario dell’Azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro, oltre che dell’Azienda ospedaliero-universitaria “Mater Domini”, che nel curriculum ha – oltre che la presidenza nazionale dell’Agenas, Agenzia per i servizi sanitari regionali – da ex Pci, l’amicizia con il capo-ditta Pierluigi Bersani, e un breve passato da negazionista, come dimostra un video dello scorso mese di maggio sull’inutilità dell’uso delle mascherine. E non contento, il premier Conte cercano di tirare per la giacchetta Gino Strada, assieme a Bertolaso, tra i nomi suggeriti per affiancare se non sostituire il manager venuto da Cesena.
I NUMERI Intanto, a parlare sono i numeri: 140 erano i posti letto di terapia intensiva nel marzo 2020, 146 posti sono i posti disponibili nell’ottobre 2020, se la matematica non è un’opinione parliamo di 6 posti letto. Otto mesi per dare alla Calabria appena 6 nuove postazioni di terapia intensiva, e parliamo della regione più penalizzata negli investimenti fissi in sanità (15,9 euro pro capite contro gli 84,4 pro capite dell’Emilia Romagna). A marzo scorso il ministero ha delegato direttamente la Regione nella gestione della pandemia, che a sua volta ha nominato una task force di esperti e un soggetto delegato all’emergenza. Ed è arrivato il primo piano: 400 posti letto, individuazione della rete e possibilità di utilizzare i beni confiscati per riconvertirli in centro Covid. Tutto questo è rimasto sulla carta. Poi a maggio il governo modifica la rotta, assegnando le responsabilità dell’emergenza al commissario. La struttura a giugno licenzia un piano che prevede l’ampliamento dei posti letto in terapia intensiva e sub intensiva, ristrutturazione dei pronto soccorso, creazione dei percorsi covid e strutture modulari montabili all’occasione in caso di emergenza assoluta. E poi le assunzioni, almeno 500 tra medici, operatori e infermieri per gestire l’emergenza. Ovviamente, un ‘piano dei sogni’: delle terapie intensive in più ne sono arrivate molto poche, nessuna di quelle previste dal piano. E continuiamo a non sapere come sono stati spesi gli 87 milioni destinati dal Governo all’emergenza.
LA RABBIA IN PIAZZA E mentre i posti letto in ospedale sono sempre di meno e i pazienti devono aspettare in Pronto soccorso per avere la possibilità di ricovero, e continuano a mancare medici e anestesisti, martedì il presidente facente ha firmato un'ordinanza che prevede la conversione di posti letto di area medica in posti letto Covid-19. Il provvedimento prevede un incremento pari a 234 posti letto Covid più altri 10 di terapia intensiva e si parla della riqualificazione e adeguamento della struttura “Villa Bianca” - già sede del Policlinico universitario di Catanzaro - per la realizzazione di 100 posti letto Covid. Che potrebbero essere pronti per la terza ondata.
Davanti a questo quadro desolante, monta la protesta popolare e per la prima volta dopo decenni si scuote la sonnacchiosa coscienza dei calabresi pronti a recriminare senza spostarsi di un millimetro da casa. Da Cosenza a Catanzaro, fino allo Stretto: si va tutti in piazza e bloccare gli svincoli autostradali, in barba anche alle misure di sicurezza anticovid che obbligano al distanziamento e vietano assembramenti. Imprenditori, ristoratori, baristi, titolari di centro estetici, esercenti di vari settori, professionisti del mondo dello spettacolo, del wedding, partite iva e chi ne ha più ne metta, intere categorie sociali messe in ginocchio da quello che si chiama “lockdown soft”, ai semplici cittadini che sentono la necessità di dare voce alla rabbia per “l’immobilismo, l’incompetenza e anche i menefreghismo della classe politica e dirigente che era chiamata a vigilare sulla realizzazione delle misure necessarie a contenere la seconda ondata pandemica e invece ha pensato che il contagio poteva contenersi da sole, con il mare, il sole e le clementine”, mormorano in piazza arrabbiati. Tanto che proprio a Cosenza, un gruppo di persone è andato a citofonare a casa di un consigliere regionale proprietario di cliniche nella sanità privata per sfogare al grido “vergogna” tutta la propria indignazione. Di rossa, quindi, in Calabria non c’è più solo la “zona”.