Madre di due ragazzi di
14 e 15 anni, Antonella
Berni, classe 1964,
scrittrice e traduttrice,
ha capito subito che
suor Mary MacKillop,
una donna contro le
convenzioni, era una
personalità tale da dover far parte per
forza di una collana intitolata “Vite
esagerate”. Beatificata nel 1995 da
Giovanni Paolo II e proclamata santa
il 17 ottobre del 2010 da Benedetto XVI, questa donna è così diventata la
protagonista del suo primo romanzo:
L’Australiana.
Da quali fonti ha attinto per raccontare
questa storia?
«Gli studiosi anglosassoni mi hanno
consigliato le biografie ufficiali.
Non avrei scritto, però, un’altra biografia, preferivo un romanzo. È stato
prezioso anche un amico australiano
che, per caso, mi aveva regalato un libro
ambientato nell’Australia del 1800,
aiutandomi a conoscerla. Le suore di
Sydney mi hanno poi sostenuto, procurandomi
molto materiale, tra cui le
foto d’epoca di Mary e della famiglia,
fondamentali per inquadrare la sua
storia. Infine la tecnologia mi è venuta
in soccorso: con Google Maps ho visto
luoghi che non avrei potuto vedere».
Perché si dice che Mary è stata una
santa “femminista”?
«Il termine “femminista” non mi
piace. Tuttavia devo riconoscere che
nella situazione sociale e nell’epoca in
cui è vissuta ha dovuto affrontare battaglie
enormi per una donna. In particolare,
contro l’ostilità dell’alto clero.
La sua intraprendenza era mal vista da
gran parte di vescovi e sacerdoti. Secondo
loro una suora doveva pregare,
dire il rosario e stare chiusa in convento.
Quando Mary portò le consorelle
nelle strade a chiedere soldi per istruire
i poveri e i disagiati, tra cui prostitute
e senzatetto, nelle scuole che stava
fondando, questa decisione sconcertò
il clero e i ricchi cattolici».
Accusò un sacerdote di pedofilia.
«Non fu lei ad accusarlo, ma appoggiò
le suore e i bambini di una lontana
missione, che avevano raccontato
di un prete irlandese che si era spinto
oltre i limiti. Lo fece allontanare, ma
questo le creò attrito con i vescovi».
Cosa ha imparato da lei?
«La sua resistenza agli eventi esterni,
la personalità inossidabile sin
dall’infanzia. Il padre era ingenuo,
spesso raggirato dai soci in affari. Mary
doveva lavorare per sostenere la famiglia,
che la frenava nel raggiungimento
del suo sogno. Lei ci ha insegnato
che quando si ha un obiettivo, con
grande volontà lo si può raggiungere.
Un messaggio importante per i giovani
di oggi, travolti dall’insicurezza sul
futuro ma spesso non determinati e
poco umili. Nonostante le ingiustizie
che ha subìto, tra cui una temporanea
scomunica, non vedeva mai la malafede
negli altri. Lo si capisce dalle lettere
che ho potuto leggere, indirizzate alla
madre e al padre spirituale Woods.
Parla degli altri con compassione. Del
vescovo di Adelaide Sheil, che l’aveva
scomunicata, scriveva: “Ha solo fatto
un errore, perché è un essere umano”».
Cosa c’è in lei di “esagerato”?
«La forza di volontà, in opposizione
alla sfortuna che nella sua
vita è stata altrettanto esagerata. E
poi, riuscire a fare ciò che ha fatto
nel 1800: ha compiuto dall’Australia
viaggi lunghissimi, a Roma e in
Scozia, per vedere come funzionavano
altrove le scuole. Un secondo
viaggio a Roma lo ha compiuto per
incontrare il Papa e mostrargli la Regola
dell’Ordine da lei fondato (San
Giuseppe del Sacro Cuore). Lei riuscì
a farlo approvare da papa Pio IX, ma
gli alti prelati non gradirono che gli
avesse parlato direttamente. Del resto,
un vescovo l’aveva scomunicata
proprio a causa della sua insistenza
nel decidere da sola».
A chi potremmo paragonarla?
«A Madre Teresa. Entrambe si sono
“gettate nel fango” per coloro a cui nessuno
guarda: reietti, poveri e malati».