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giovedì 12 settembre 2024
 
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Perché Mattarella è una buona scelta

29/01/2015  Per il Quirinale il premier sceglie un uomo “inattuale”: schivo, competente, coerente. E inattuale. Perché ha un passato importante. Che per una volta, forse, si può non rottamare.

Indicando Sergio Mattarella a candidato Pd per il Quirinale, Matteo Renzi ha fatto una prima mossa  laterale e significativa, la “mossa del cavallo” direbbe uno scacchista. Perché il personaggio scelto, oltre che di certa caratura istituzionale,  sfugge alle categorie dell’attualità, della telepresenza, della logica politica corrente. Sergio Mattarella è inattuale perché non cerca il cono di luce. Parla in modo sommesso perché ama argomentare. Soprattutto associa le parole ai comportamenti, come dimostrano le sue dimissioni dal governo Andreotti (anno 1990) per disaccordi sulla legge Mammì (frequenze radio Tv). La cosa, sul lato Forza Italia, può costargli oggi l’elezione ma è la materia di una virtù da gentiluomini d’altri tempi, la coerenza.

Può stupire che il rottamatore abbia scelto “un uomo grigio che sa dire no”. Un ufficiale della prima Repubblica, già segretario regionale della Dc, vicepremier, ministro della Difesa, perfino autore di una riforma elettorale. Potremmo scoprire a sorpresa che anche a casa del premier la retorica della rottamazione si sveli per quel che è, ovvero una “narrazione” buona per i media ma insufficiente e spiegare e spingere a scelte vere. Perfino per Renzi, cioè, può non essere una colpa avere 74 anni, esser figli d’arte ed eredi di una tradizione. Perché il cattolicesimo democratico e popolare è stata una scuola importante - di cui Renzi appare informato -  che si è iscritta nella parabola più ampia della Dc senza coincidervi. Dietro quella tradizione c’è una postura verso la politica, un “mettersi” di fonte al mondo. C’è studio, in senso etimologico, cioè dedizione. E rigore. Per una volta, tanto “passato” deve essere apparso a Renzi  una risorsa.

Vedremo se lo spessore inattuale di Mattarella si rivelerà eccessivo per il nostro Parlamento. Se il suo silenzioso “essere fuori centro” lo collochi irrimediabilmente fuori dalle traiettorie di voto e di veto che si sedimenteranno tra i 1009  grandi elettori. Soprattutto si vedrà presto se per il premier, l’uomo che al tavolo dà le carte, la mossa del cavallo è solo un “approccio” in una schermaglia che guarda già oltre. Se così non fosse, sarà stata una mossa a sorpresa. E il rottamatore dimostrerà che, guardando al futuro, sa fare i conti giusti con il passato.

 

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