Sta prendendo forma piano piano, perché la materia è delicata e il lavoro tanto, si chiama wikimafia, un’enciclopedia “libera” (relativamente), online e gratuita per informare in tema di mafia e antimafia. Dietro, a garantirne il rigore scientifico, Nando Dalla Chiesa. Davanti, in prima linea a lavorarci, molti dei suoi studenti. Volontari ovviamente. Il sito www.wikimafia.it è candidato ai Macchianera Italian awards 2013 come sito Rivelazione e come miglior Educational.
Abbiamo chiesto a Nando Dalla Chiesa di aiutarci a capire lo spirito dell’iniziativa.
Professor Dalla Chiesa, difficile coordinare una cosa così, come si conciliano attendibiltà e libertà?
«E' tutto in svolgimento, ci sarà un controllo di
alcune persone che sono considerate dal punto di vista accademico degli
esperti. Ma è grande anche il contributo dei miei laureati più bravi, è a
uno di loro che dobbiamo questa idea di “popolarizzare” conoscenze
precise in materia di criminalità organizzata».
Perché è così importante? Su molti periodi e argomenti c’è una conoscenza superficiale, è vero
che digitando su Internet qualcosa si trova, ma con quale affidabilità?
«Wikimafia risponde al bisogno di mettere a disposizione informazioni in
un dizionario organizzato, in cui le informazioni sono controllate, non
immesse liberamente. C’è anche un problema di delineare i contesti in
cui fatti e persone vengono inserite, una cosa che possono fare solo
degli studiosi, o comunque giovani formati a ragionare con determinati
criteri».
L’idea finisce per coincidere cronologicamente con l’uscita di due
dizionari su questo tema. Un caso o c’è bisogno di sistematizzare il
sapere sull’argomento?
«Ho collaborato a entrambi i dizionari, credo che siano tutti
strumenti importanti anche nel mio lavoro. È difficile per me dire a un
laureando in Scienza politiche: vada a vedersi la legislazione
antimafia. Un manuale tecnico è troppo complesso per lui, serve qualcosa
di diverso: un dizionario di questo tipo, preciso ma scritto in un
linguaggio accessibile, può servire egregiamente allo scopo».
Wikimafia, pubblicando in Rete, fa un passo in più, verso un pubblico più generalista: c’è bisogno anche di questo?
«Secondo me sì: si pensi ai lavori che si fanno nelle scuole, a un
servizio giornalistico che abbia bisogno di una verifica immediata, a
uno studente di scuola superiore che debba fare una ricerca. Cercando
genericamente in Rete su questi temi si trovano tante cose, ma si
rischia di finire su tesi di complottisti che accostano indebitamente
dei nomi».
Un rischio da cui neppure il giornalismo è immune, o no?
«Già, sono uno che ha fatto molte denunce, ma devo dire che la
propensione al complottismo e lo slancio verso lo scoop professionale è
eccessiva. Spesso gli studenti più informati e appassionati arrivano
“grippati” da queste teorie, bisogna un po’ “ripulirli”, dar loro uno
sguardo più laico».
Questa esigenza di sistematizzazione ha a che fare anche con il timore
che, in fatto di criminalità organizzata, la consapevolezza della
popolazione sia scarsa?
«Sì, soprattutto al Nord. Il Nord è malato di presunzione, anche di
quietismo. Non vuol sentirsi dire di aver la mafia in casa, non ci
crede».
Salvo poi talvolta farsi beccare a farci affari…
«Forse proprio per questo nega: negare, dirsi che la mafia non esiste,
o che non fa al Nord le cose che fa al Sud rende più facile
autoassolversi, continuare a specchiarsi la mattina».