Come uno tsunami, alcuni fatti di cronaca hanno proposto all’attenzione generale una tematica complessa come l’utilizzo della sessualità da parte di adolescenti minorenni. Parlo di "utilizzo" perché in questi casi la sessualità adolescente è fatta oggetto di scambio monetario, con coetanei o con adulti: le "baby squillo" di Roma; le "ragazze doccia" delle scuole milanesi, che in cambio di oggetti avevano rapporti sessuali con i compagni nei bagni delle scuole; i ragazzini che si prostituivano con il noto ‘disturbatore’ televisivo… Senza contare l’agghiacciante contabilità ordinaria degli abusi sui minori e delle gravidanze di ragazzine appena puberi.
Si tratta indubbiamente di situazioni eccezionali, che non possono indurre a facili generalizzazioni sugli adolescenti. Ma rappresentano anche l’immagine deformata e ingigantita di qualcosa che appartiene alla realtà in cui viviamo. E’ in atto una crescente separazione tra i gesti della sessualità e l’affettività. E’ come se la sessualità fosse sempre più un linguaggio del quale non si sa bene quale sia il significato. Un insieme di gesti e pratiche non più sincronizzati con il messaggio che vogliono trasmettere. I gesti del sesso possono comunicare in modo potente la capacità di amare, di avere cura ed attenzione per l’altro, di sapere scambiare tenerezza ed ascolto. Per imparare questo linguaggio, occorre un graduale apprendistato dei sentimenti e del corpo. In fondo, credo che il danno maggiore per i ragazzi e le ragazze così giovani coinvolti in queste vicende sia l’impoverimento, se non l’inaridimento, della capacità di amare. I sentimenti vengono schiacciati dalla intensità delle sensazioni fisiche, e ridotti al silenzio. Si rischia di compromettere la capacità di riconoscere ciò che si prova per un’altra persona e di imparare, con gradualità e attenzione, ad esprimerlo attraverso i gesti della sessualità.
In questo modo, sui contenuti "sani" della sessualità, prendono il sopravvento altri significati. Così, per alcuni adolescenti, il sesso rappresenta la possibilità di acquisire una propria identità e un proprio valore personale non più attraverso il percorso impegnativo della crescita, ma in base al valore economico del proprio corpo, che permette di possedere sempre più oggetti prestigiosi, e alla capacità di attrarre sessualmente, che fa sentire importanti. Per molti adulti, l’uso del sesso rappresenta l’inseguimento di un sogno di eterna giovinezza, attraverso il denaro e il potere. Per sconfiggere il pensiero della morte, si esorcizza l’avanzare degli anni attraverso il lifting, e la compagnia e il contatto con corpi sempre più giovani. Alcuni genitori si fanno tristemente complici, ed esortano le loro figlie e i loro figli a cercare la ricchezza, il prestigio, o forse solo la percezione di esistere attraverso una fugace notorietà, incoraggiando la vendita di sé. Non c’è solo chi incita alla prostituzione. C’è anche chi spinge il figlio a partecipare al reality. O manda la figlia alle feste licenziose del potente di turno.
In tutto questo, ho l’impressione che, come adulti, siamo rimasti indietro in questo ambito. Siamo smarriti tra la difficoltà di affrontare l’intimità sessuale dei nostri figli e l’apertura talvolta disarmante e senza pudore delle loro confidenze. Tra la riproposta dei valori tradizionali, che sentiamo come poco convincenti per le orecchie dei ragazzi, e il permissivismo silenzioso che finisce per imporsi. Come se per tutti, genitori e figli, alla fine l’unico vero problema fosse quello di evitare gravidanze precoci e indesiderate. Ma davvero noi adulti consideriamo la sessualità come una frontiera dell’educazione? Vogliamo realmente affrontarla in modo nuovo e creativo?