Dal 2 al 26 settembre va in scena alla Scala “la produzione più difficile e rischiosa” che il sovrintendente Alexander Pereira abbia programmato da quando è responsabile del teatro. E non si tratta di una novità di avanguardia o di un titolo che il pubblico milanese non conosce, ma di un’opera fra le più popolari della storia: Die Zauberflöte (Il flauto magico) di Wolfgang Amadeus Mozart con la direzione di Ádám Fischer, la regia di Peter Stein, i Solisti e l’Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala.
Dove stanno dunque rischio e difficoltà, visto che da molto tempo una produzione all’anno del Teatro è riservata alla prestigiosa Accademia? Nel fatto che questo Flauto magico non è solo l’avvio di un progetto che impegnerà in ogni stagione un direttore d’orchestra ed un regista di rilievo internazionale nella preparazione degli allievi per un intero anno di workshop e prove, ma è anche una scommessa dal punto di vista musicale: il pubblico assisterà al capolavoro mozartiano in una veste tutta nuova. Con Peter Stein a giocare la partita più difficile, visto che il Flauto magico “tutto nuovo” è in realtà il Flauto magico integrale, con i lunghi recitativi che nelle versioni tradizionali vengono tagliati, se non addirittura eliminati.
“La sfida - spiega Peter Stein - è di insegnare ai cantanti la recitazione di prosa. Perché Il flauto magico è un Singspiel, non un melodramma, e almeno il cinquanta percento dell’opera è parlato. Dunque l’attorialità diventa importante quanto il canto. Il lavoro con gli allievi è stato lungo e faticoso, perché nei conservatori si trascurano gli aspetti legati all’articolazione della lingua, ai movimenti sul palco, a come si imposta un dialogo”. Ovviamente l’impegno non lascia per nulla ai margini Ádám Fischer, direttore mozartiano tra i più autorevoli, che ha con la Scala e con Die Zauberflöte un rapporto particolare. Da bambino faceva parte insieme al fratello Iván del Coro di voci bianche dell’Opera di Budapest e insieme hanno cantato più volte due dei tre Geni. Allievo di Hans Svarowsky a Vienna, Fischer giunse alla Scala nel 1973 come concorrente del Premio Cantelli che si aggiudicò.
Il debutto operistico avvenne proprio con Die Zauberflöte nel 1986, cui seguì nel 1998 Linda di Chamounix. Il percorso formativo ha entusiasmato gli allievi dell’Accademia della Scala, impegnati a tutti i livelli ed in tutti i ruoli: in orchestra, in palcoscenico, nella realizzazione scenica, ed anche come fotografi per documentare la lunga gestazione dell’opera. Ma ha in particolare coinvolto i giovani cantanti che stanno lavorando con Stein sin dallo scorso autunno. A loro è affidato il compito di coinvolgere la platea in una magia di canto e recitazione: Till Von Orlowsky, Papageno; Martin Piskorski, Tamino; Fatma Said, Pamina; Yasmin Özkan, Regina della notte; Martin Summer, Sarastro.
E sia Pereira, sia Stein hanno sottolineato che la giovane età degli interpreti ben si adatta alla trama di un’opera nella quale il pubblico è abituato ad applaudire mostri sacri, ma che in fondo narra la storia di due giovani coppie che vogliono vivere la loro storia d’amore contro le forze del male.