Una veduta di Aleppo, la seconda città siriana, prima che scoppiasse la guerra civile. Foto Reuters.
Scrivo mentre i siti rilanciano
la conferma dell’ultimo rapimento.
Di padre Antoine
Boutros, un sacerdote greco-
melchita di 50 anni, si erano
perse le tracce domenica
12 luglio. Risulta che lui e un suo collaboratore
siano stati effettivamente
fermati e sequestrati da uno dei tanti
gruppi armati ribelli che si muovono
nella provincia siriana di al-Suwayda.
Spero e prego affinché la loro vicenda
si concluda bene come quella di padre
Dhiya Azziz, un francescano nella Custodia
di Terra Santa, rapito il 4 luglio
nella provincia di Idlib e liberato sei
giorni dopo. Una cosa è certa: la mia
Siria è diventata un calvario infinito.
George, sua moglie Rima e il loro figlio Fadi.
Mio padre falegname
Mi chiamo George.
Sono nato ad Aleppo il 16 settembre
1952 da una famiglia cristiana.
E cristiana è anche mia moglie Rima,
molto più giovane di me (è del 10
gennaio 1968). Un secolo fa, i nostri
bisnonni sono sopravvissuti al genocidio
degli armeni. Scappati dalla
Turchia, si sono stabiliti in Siria, ad
Aleppo. Di cognome faccio Shenekji,
che in turco significa falegname. E,
guarda caso, mio papà faceva proprio il
falegname come mestiere: sapeva appena
leggere, mentre mia mamma era
analfabeta. Io e i miei fratelli abbiamo
avuto più chance.
Da giovane ho studiato
Ingegneria in Italia, al Politecnico
di Torino: mi sono laureato nel 1987.
Mio fratello Jean ha preso il dottorato
in Fisica a Lione, in Francia, ed è tuttora
professore all’Università di Aleppo.
L’altro fratello Najib è ingegnere meccanico,
ma ora commercia nel campo
dei cosmetici e dell’abbigliamento intimo.
I miei nipoti sono tutti laureati.
Con mia moglie Rima e nostro figlio
Fadi vivevamo una vita agiata. FeFelice.
In Siria i cristiani fanno parte per
lo più della borghesia. Avevamo una
casa ad Aleppo, un’altra nella capitale
Damasco e una terza, di villeggiatura,
a Kafrun. La famiglia di mia moglie
aveva tre negozi. La guerra civile li
ha distrutti tutti. Recentemente avevo
aperto un laboratorio di riparazioni
elettromeccaniche. Negli ultimi anni
avevo anche ottenuto dal ministero
del Turismo la licenza di guida turistica
in lingua italiana e francese, in seguito
a studi approfonditi sulla storia
siriana e mediorientale, antica e moderna.
Ma la guerra...
Combattenti del Fronte della Vittoria (“Al-Nusra”), appartenenti ad Al Qaeda, in azione a nord di Aleppo, il 25 novembre 2014. Il 9 novembre dello scorso anno George e la sua famiglia riuscirono a fuggire, salvandosi provvidenzialmente dal fuoco dei cecchini e dai check point dei fondamentalisti. Foto Reuters. .
Un tormento in più
Già, la guerra. È un
mostro che divora tutto: vite, beni, sogni.
Da tre anni la Siria non sa più cosa
siano serenità e pace. Per noi cristiani,
un tormento in più: è andato crescendo
il numero di coloro che ci perseguitano
pensando di fare cosa gradita
a Dio. Loro, i veri credenti; noi, gli infedeli.
Un giorno, disperati, abbiamo
deciso di scappare da Aleppo in cerca
di una terra più tranquilla, lasciando
alle spalle parenti, amici, case e beni
materiali. Era il 9 novembre 2014. Appena
usciti da Aleppo, dei cecchini ci
hanno sparato addosso. Hanno centrato
una ruota. Per lo spavento ho continuato
ad andare avanti, veloce, sempre
più veloce, ma il copertone si bruciava
e il cerchione saltellava sulle buche
dell’asfalto. Mi sono fermato. Fadi,
che allora non aveva neppure cinque
anni, piangeva. Non c’era altro da
fare che cambiare la ruota. Miracolosamente
gli spari sono cessati o, forse,
chissà, per lo spavento non li sentivo
più. Da una caserma vicina, un soldato
è corso a darci una mano. Siamo ripartiti.
Dopo 30 chilometri, ecco un posto
di blocco: erano giovani dalle barbe
lunghe e dai vestiti neri. Era un check point del Fronte della Vittoria (“Al-Nusra”),
cioè dei fondamentalisti islamici
appartenenti ad Al Qaeda. Ci hanno
chiesto i documenti, fatti scendere
dall’auto e minacciati di morte se
non consegnavamo tutto. Quindi ci
hanno preso il denaro e l’oro che portavamo
con noi. Mi sentivo mancare, le
gambe tremavano. Mi sono fatto forza
per Rima e Fadi. È passata mezz’ora
che mi è sembrata un’eternità. Quel
giovane barbuto, in seguito alle mie
suppliche, mi ha lasciato un po’ di spiccioli
per fare il pieno di benzina e mi ha
detto: «Io sono misericordioso perché
Allah lo è». Siamo ripartiti: dopo 300
chilometri siamo arrivati nella zona
controllata dall’esercito regolare.
Aleppo, agosto 2015: interrotta l'erogazione costante di gas, luce e acqua l'approvvigionamento idrico s'è fatto difficile. Sopra: un punto di distribuzione di acqua potabile curato dalla Mezzaluna Rossa, l'equivalente della Croce Rossa nel mondo islamico. Foto Reuters.
Per entrare finalmente in Libano
ci sono volute altre 18 ore di
viaggio per coprire i restanti 400
chilometri. Il 14 dicembre 2014 siamo
riusciti a partire alla volta dell’Italia.
Ora viviamo in Piemonte, alle porte di
Torino. Ringrazio don Silvio Mantelli,
in arte il Mago Sales, un salesiano che
ha preso a cuore me e la mia famiglia,
così come ringrazio tutti coloro che
ci hanno aiutato e continuano a farlo
L’altro giorno siamo riusciti ad avere
notizie dei nostri parenti rimasti
ad Aleppo. Da giugno è completamente
interrotta l’erogazione di luce,
gas ed acqua. L’Isis è all’offensiva. C’erano
300 mila cristiani prima. Ne sono
rimasti 40 mila. In Siria non possiamo
tornare, per il momento almeno.
E anche in Italia la nostra situazione
rimane precaria. Il problema per me e
per tanti altri cristiani siriani è: quale
futuro avremo noi e i nostri figli?
(testo raccolto da Alberto Chiara)