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venerdì 13 dicembre 2024
 
 

Paolo Giordano, buona la seconda

11/11/2012  Dopo lo straordinario successo della "Solitudine dei numeri primi", Premio Strega 2008, il giovane scrittore torinese "fugge" in Afghanistan per la seconda, convicente prova.

Dopo il folgorante esordio con La solitudine dei numeri primi, che vinse il Premio Strega 2008 e il Campiello opera prima nello stesso anno, l'attesa per il nuovo romanzo di Paolo Giordano era enorme. Non ne ha fatto mistero lo stesso autore, che ha raccontato di aver passato momenti critici: la seconda prova è una sfida per tutti, figuriamoci per chi ha firmato uno dei romanzi più clamorosi e di successo degli ultimi anni, perolopiù in giovanissima età. Oggi trentenne, torinese, Paolo Giordano è un fisico, la cui vita è stata inesorabilmente cambiata dalla fortuna letteraria.

Il nuovo romanzo, Il corpo umano, uscito come il precedente da Mondadori,
ci porta in Afghanistan, dove si svolge in prevalenza la vicenda. L'autore ha realmente compiuto un viaggio in Afghanistan nel dicembre 2010 e conosciuto direttamente la vita dei nostri militari. Doveva essere l'occasione per un reportage, è diventato "l'incipit" del nuovo romanzo. Forse in questo modo è riuscito anche a mettersi nella condizione di "lavorare" serenamante, lontano dalle pressioni che avvertiva in Italia. E, lo diciamo subito, si tratta di un ottimo romanzo, forse anche superiore al precedente, più maturo.

L'occhio dell'autore ci porta nella Fob (Forward Operating Base) Ice, un avamposto militare occupato dagli italiani nella regione del Gulistan. La scelta narrativa è di seguire le vicende di alcuni personaggi, colti nell'attimo prima di partire per la rischiosa missione, per poi osservare - quasi con l'atteggiamento dell'antropologo - come la situazione in cui le loro vite sono state sbalzate modificherà le loro idee, il loro carattere, la loro sensibilità verso le cose e le persone.

Conosciamo così René, il maresciallo René, di bell'aspetto, che arrotonda lo stipendo da militare facendo il gigolò. Alla vigilia della partenza, scopre che una delle sue clienti è incinta di lui... Cederna è uno dei quei militari che nell'esercito ci sono finiti per convinzione, per un'adesione totale allo spirito militare. La fidanzata Agnese non ha preso bene il distacco e l'ultima cena, prima del congedo, si trasforma in una litigata... Ietri è un ragazzo inesperto del mondo, vive all'ombra della madre, da quando il padre li ha lasciati soli. Un rapporto protettivo e insieme asfissiante. I compagni, Cederna in testa, hanno buon gioco nel farne l'oggetto del loro scherno, provocando in lui un desiderio di rivalsa... Veterano della missione è invece il tenente Egitto, che prolunga la sua permanenza alla Fob per fuggire dai fantasmi della sua famiglia. È molto legato alla sorella Marianna, che, dopo essere stata per lunghi anni la figlia-modello, ha rotto i rapporti in via definitiva con i genitori, rifiutando anche solo di vederli. Forse il personaggio meglio dipinto, questo problematico tenente Egitto, mentre altri restano abbbozzati (ad esempio Zampieri, la "soldatessa" presente nell'accampamento).

Le vite di questi personaggi si intrecciano fra di loro, e a quelle di altri personaggi ancora, e si consumano nell'estenuante attesa di qualcosa (pertinente il rimando al Deserto dei tartari di Buzzati). La vita nel campo scorre fra turni di guardia, esercitazioni, allarmi, una pesante intossicazione alimentare, piccole grandi rivalità e amicizie... Finché un giorno la guerra, fin lì solo immaginata, acquista corpo (l'allusione al titolo non è casuale, come vedremo): bisogna accompagnare alcuni camionisti afghani a casa, attarversando valli e  pericoli, dove l'agguato del nemico potrebbe scatenarsi. Una missione rischiosa e, per molti, il tenente Egitto in testa, insensata, ma agli ordini dei superiori non si può che ubbidire, se si è soldati. Quello che sperimenteranno cambierà per sempre il "loro corpo"...

Molto si era discusso su come il titolo del primo romanzo di Giordano, La solitudine dei numeri primi, avesse contribuito al suo successo. Alcuni hanno osservato che Il corpo umano è invece un titolo meno suggestivo, meno evocativo, piatto. Sembra che a sceglierlo sia stata l'autore stesso. A nostro avviso, si tratta di un titolo perfetto, per come sa esprimere il senso del romanzo. Il corpo dei personaggi è qui simbolo della loro verità di persone, allorché vengono messe a nudo, spogliate dalle protezioni e dalle ambiguità della vita ordinaria. Il corpo è quella parte dei personaggi - e di noi - che registra i cambiamenti a cui siamo esposti: il pericolo, la perdita di certezze, il disagio, la paura, la speranza, il bisogno d'amore... Il corpo è, ancora, il risultato dei processi di cambiamento che costituiscono la trama della nostra vita. Il corpo è ciò a cui ci riduciamo quando veniamo privati della nostra identità, trattati e usati come macchine. Si potrebbe dire che il corpo, qui, da un lato assomiglia tanto all'anima, all'essenza della persona, fino a identificarsi con essa, e dall'altra al suo contrario, cioè un individuo spersonalizzato (i militari vengono sempre chiamati con la carica gerarchica - maresciallo, tenente - e al massimo con il cognome, solo in casi particolari con il nome di battesimo) , costretto a una condizione quasi animalesca. Il corpo è croce e delizia, rifugio e condanna dell'uomo.

Paolo Giordano dimostra di dare il meglio di sé quando indaga le dinamiche dei suoi personaggi in situazioni estreme. La scelta di ambientare il romanzo in Afghanistan, teatro di guerra, gli permette di analizzare quasi in una situazione da laboratorio i loro percorsi, le loro evoluzioni, perché limiti e contraddizioni si manifestano senza mediazioni. Ricorda un po' il metodo dell'entomologo, il punto di vista narrativo di questo autore. E quella situazione straordinaria ed estrema che è una missione di guerra non fa che accelerare processi che, nella vita ordinaria, si manifesterebbero soltanto in tempi più rallentati, perché i nodi irrisolti e profondi che giacciono nell'intimo di ogni persona prima o poi chiedono di essere affrontati e, se non risolti, ridefiniti.

Paolo Giordano ha dunque saputo gestire bene l'ansia da prestazione provocata dal secondo romanzo e ha scelto con intelligenza un paesaggio umano congeniale alla sua narrativa e alla sua capacità introspettiva. Un libro convincente e maturo.

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