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giovedì 23 gennaio 2025
 
solidarietà
 

La speranza del piccolo Mustafa

22/01/2022  Arrivata in Italia la famiglia siriana che, a causa della guerra, si ritrova con due traumi: il padre amputato a una gamba e il bimbo più piccolo nato senza gli arti per via delle armi chimiche. Il cardinale di Siena: «La guerra è follia distruttiva ed efferata»

«È la Chiesa che li accoglie e in questo caso mi sento di rappresentarla tutta, la Chiesa». Il cardinale Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena - Colle di Val d'Elsa - Montalcino è stato il principale promotore della campagna che ha portato in Italia il piccolo Mustafa al-Nazzal e la sua famiglia. Le immagini del bambino, nato senza i quattro arti a causa delle bombe chimiche che hanno sconvolto la Siria, lanciato in alto dalle braccia forti di suo padre (amputato di una gamba a causa della guerra) avevano colpito l’opinione pubblica mondiale. La foto, scattata da Mehmet Aslan e premiata dal Siena International Photo Awards, ha fatto conoscere il dramma della guerra, ma dato anche una speranza. Mustafa è un bambino vivace, che ride e gioca, accudito dalle due sorelline e che vorrebbe, più di tutto «andare a scuola». Adesso tutto il nucleo familiare è in Italia ospitato dalla Caritas della diocesi toscana. Dopo la quarantena e gli esami medici necessari si trasferiranno a Vigorso di Budrio (Bologna) dove comincerà, per padre e figlio, una complessa operazione di ricostruzione.  L'ingegner Gregorio Teti, direttore tecnico dell'Area tecnica del centro protesi Inail di Vigorso, ha spiegato ai media che «il percorso inizierà  con un esame in équipe multidisciplinare» per elaborare piani personalizzati per padre e figlio. Più semplice l’intervento sul padre «dove si interviene su un’amputazione da trauma e dove bisognerà ricostruire una memoria. Sul bambino, invece, interveniamo su una malformazione congenita e quindi su un sistema che dovrà  accettare la nuova condizione». Per Mustafa si tratterà di ricostruire prima gli arti superiori. L'équipe multidisciplinare sarà composta dal direttore tecnico, dal tecnico ortopedico, dal medico fisiatra, dall’infermiere, dall’assistente sociale, dallo psicologo e dal fisioterapista. Per il padre si prevedono trenta giorni fra percorso tecnico e riabilitativo, mentre per il bambino si ipotizzano almeno due mesi nei quali dovrà stare, quasi ogni giorno, nella struttura.

«Si tratta di un dramma umano di una famiglia, dramma che è diretta conseguenza della guerra follia distruttiva ed efferata», ha dichiarato il cardinale. «Il risvolto positivo è  che, grazie a una foto, si è  potuto conoscerli, intercettarli e mettere in piedi una rete di solidarietà  e accoglienza».

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