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martedì 29 aprile 2025
 
matrimonio
 

La sposa è in ritardo e il prete se ne va. O no?

30/07/2015  La sposa arriva in ritardo in chiesa al proprio matrimonio. A volte il sacerdote attende con pazienza, altre volte inizia comunque il rito. In una parrocchia di Ostia, qualche giorno fa, il celebrante se n'è andato dopo mezz'ora per un altro impegno. E' giusto?

La sposa non arriva in chiesa e il sacerdote celebrante dopo mezz’ora di inutile attesa se ne va. E’ accaduto lo scorso 23 luglio nella parrocchia di San Nicola di Bari  a Ostia, davanti allo stupore dello sposo e di tutti gli invitati alle nozze.

     C’erano tutti in chiesa alle 17,30, orario previsto della cerimonia. Tutti tranne la promessa sposa, attardatasi per un imprevisto. Passano invano i minuti e circa mezz’ora dopo il prete, senza avvisare nessuno dei presenti, scende dall’altare, guadagna la sacrestia e se ne va, per non tardare ad un altro impegno fissato alle 19.  Immaginiamoci la scena e lo sconcerto dell’assemblea. “Mi sono voltato e non ho più visto il prete”, racconterà lo sposo, al momento ignaro di tutto e che in solo colpo s’è trovato senza coniuge e celebrante. Di lì a pochi minuti la sposa avrebbe finalmente fatto in suo ingresso in chiesa. Per la celebrazione del matrimonio invece s’è dovuto attendere ancora un’ora per l’arrivo del parroco che, avvisato dal suo confratello, lo ha sostituito nella celebrazione del rito nuziale. Alla fine, comunque, fiori d’arancio, marcia di Mendelssohn, e i due giovani sono convolati a giuste nozze.

Non è la prima, né sarà, certo, l’ultima volta che una sposa arriva in ritardo all’altare. Anzi, il ritardo è diventato quasi un copione da rispettare, una specie di rito nel rito, per qualcuno, addirittura, un gesto propiziatorio. In altre occasioni  è accaduto che il celebrante senza attendere la promessa sposa abbia comunque iniziato la celebrazione. Avviene quando il matrimonio è inserito nella messa domenicale, alla quale partecipa l’intera comunità e, magari, precede un’altra messa. Se il rito è privato, invece, il celebrante si arma di pazienza e attende che la primadonna s’affacci alla porta della chiesa.    

      Per rispettare questa tradizione (ma è davvero una tradizione sensata?) basterebbero in realtà cinque minuti. Anche il bon ton dopo venti minuti scade in maleducazione. O no? In un Paese dove i ritardi sono cronici e dove addirittura si formalizza la loro legittimità con formule del tipo “quarto d’ora accademico”, non  sarebbe forse meglio evitare la “mezz’ora nuziale”? E i nostri sacerdoti, peraltro sempre più oberati da mille impegni, se richiedono puntualità all’altare, devono per forza essere messi in croce?  

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