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sabato 17 maggio 2025
 
Parole & fatti
 

La strada stretta del Presidente Grasso

08/02/2014  L'Europa ci rimprovera la corruzione diffusa e L'Italia si divide sulla decisione del Presidente Pietro Grasso di costituire il Senato parte civile al processo per la compravendita dei senatori, come se la corruzione non fosse un problema di tutti.

Antefatto: un ex senatore, De Gregorio, entrato con l’Idv in Senato, confessa di avere accettato milioni di euro da Valter Lavitola per cambiare casacca a favore dell’allora Pdl, col risultato di provocare la caduta del governo Prodi al momento in carica. Per questa ragione il Senato della Repubblica è considerato parte lesa al processo per corruzione che si sta per aprire presso il Tribunale di Napoli. In quanto parte lesa il Senato ha diritto a costituirsi «parte civile», cioè a vedersi riconosciuto il risarcimento danni nell’ambito del processo penale. La decisione spetta al presidente del Senato.  

Il resto è storia, e polemica, di queste ultime ore. Pietro Grasso, presidente del Senato, prima ha consultato il consiglio di presidenza del Senato (che ha espresso otto pareri favorevoli alla costituzione di parte civile e 10 contrari) e poi ha deciso per il sì. Decidere autonomamente era in suo potere. Premesso che le proporzioni del consiglio di presidenza risultano invertite rispetto a quelle dell’aula dove le aree che hanno espresso parere favorevole hanno la maggioranza - , e che non ci sono stati voti, il parere è da regolamento solo consultivo e non vincolante.  

La decisione, pur riconosciuta legittima anche da quella parte, ha scatenato l’ira del centrodestra
che accusa Grasso di voler fare fuori un avversario per via giudiziaria e tensioni nel centrosinistra per il pericolo che la decisione possa far saltare gli equilibri e compromettere indirettamente il tavolo della riforma della legge elettorale.  

La partita ovviamente è apertissima e la valutazione sulle conseguenze politiche del caso pure. Ma la strada di Pietro Grasso era obiettivamente strettissima. Doveva scegliere tra i calcoli della real politik e la coerenza con la propria storia personale e istituzionale. E Pietro Grasso è il senatore che il  giorno stesso del suo ingresso in Senato, prima di sapere di diventarne presidente, aveva depositato un disegno di legge per il contrasto alla corruzione, adatto a rispondere ai nodi che l’Europa ci ha messo sotto il naso meno di una settimana fa.

Ma davvero avrebbe potuto il Grasso presidente di oggi scendere a patti con il senatore del primo giorno e negare un segnale di coerenza delle istituzioni a fronte di un sospetto di corruzione che vede il Senato –l’istituzione di cui da Presidente è garante – possibile oggetto di  un volgare commercio? Davvero avrebbe potuto farlo senza mettere in questione –davanti ai cittadini elettori -la propria coerenza di uomo delle istituzioni che ha fatto della lotta alla corruzione il suo cavallo di battaglia?

Probabilmente no, ma nel mondo a rovescio che abitiamo chi è sospettato di aver pagato la mazzetta per far cambiare colore a un governo rivendica il diritto di far parte del processo riformatore e chi si è preso la responsabilità di dare un segnale formale delle istituzioni contro la corruzione viene accusato di colpo di Stato e richiesto di dimissioni. Come direbbe Flaiano la situazione è grave, ma non seria. Ma a questo punto la domanda da farsi qui non è più se Pietro Grasso abbia fatto bene o male a decidere così.

Quello che dovremmo chiederci qui ora è altro, e non è un problema di destra e sinistra ma del Paese in quanto tale, e cioè: quand’è che in questo Paese un comportamento lineare, consequenziale alle parole, in politica ha cessato di essere un valore per diventare un intralcio, quand’è che la coerenza personale e istituzionale ha cominciato per un uomo politico a diventare un problema senza che gli anticorpi interni alle istituzioni registrassero un sussulto, con tanti saluti all’articolo 54 della Costituzione?

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