Il movimento islamista Hamas, iscritto nelle liste del terrorismo internazionale, ha attaccato Israele. Decine di squadre di incursori ben addestrati sono entrati nel territorio ebraico, uccidendo e prendendo in ostaggio civili e militari.
L’attacco ha preso di sorpresa il Governo Netanyahu, sulla cui condotta pesano tante critiche. Ma gli israeliani in questo momento sono compatti nella reazione. I miliziani di Hamas sono entrati in territorio israeliano prendendo temporaneamente il controllo di alcune zone: è la prima volta che i palestinesi fanno questo.
Per alcuni è stato un 11 settembre d’Israele: tanti morti, feriti e rapiti. Da Washington e dai Paesi europei si condanna l’attacco, solidarizzando con Tel Aviv. Mosca e Ankara chiedono un ritorno alla calma. Ma ci troviamo di fronte a una guerra, più che a una grossa azione terroristica.
Israele, Palestina, Striscia di Gaza: la situazione dagli accordi di Oslo fino all'attentato
Dopo gli accordi di Oslo, dal 1994, Gaza è stata amministrata dall’Autorità Palestinese (Anp) dominata da Al Fatah fino alle elezioni del 2006, quando Hamas prese il controllo del territorio (più di due milioni di abitanti, con un’altissima densità di quasi 6 mila residenti per chilometro quadro), espellendo i rivali.
La striscia di Gaza, un dedalo di vie e costruzioni, è quasi un immenso campo profughi. Dal 2006 i palestinesi sono divisi in due entità: l’Anp e Hamas, una spina nel fianco per Israele e per l’Autorità palestinese. Crisi violente – con lancio di missili verso lo Stato ebraico – e attacchi sono avvenuti sovente, soprattutto, nel 2008 (operazione “Piombo fuso”), nel 2012 (“Pilastro di difesa”), nel 2014 (“Margine di protezione”) e nel 2021 (“Guardiani delle mura”). Questa volta invece Hamas attacca anche via terra.
La strategia di Hamas: cosa vuole, quali sono i suoi obiettivi e il perché dell'attentato al Nova Music Festival
L’esercito di Tel Aviv è in grado di respingere i miliziani. Tuttavia Hamas ha compiuto un salto strategico.
Vuole sbarazzarsi dei rivali dell’Anp accusati di corruzione, con il presidente Abu Mazen invecchiato e quasi immobile.
Punta a unificare sotto di sé i palestinesi e, se possibile, pure gli arabo-israeliani che Israele si è alienato con le leggi sull’identità ebraica dello Stato.
Hamas cerca di assumere l’immagine di esercito nazionale di liberazione al posto dell’Anp.
Infine vuole bloccare la normalizzazione tra gli Stati arabi del Golfo, Arabia Saudita e Israele, innescata dal processo degli Accordi di Abramo.
Hamas è sostenuta dagli iraniani.
Lancia un messaggio al mondo sunnita: non c’è pace senza di noi. Un’aperta sfida all’onnipotente MBS (Mohammed Bin Salman), principe ereditario saudita che vorrebbe egemonizzare il mondo arabo. I miliziani cercano una vittoria politica: costringere Israele sulla difensiva prima, poi a estenuanti trattative per recuperare i rapiti, infine provocare bombardamenti aerei che uccideranno molti civili e rafforzeranno l’emozione palestinese. Una strategia di terrore che fa già soffrire tanti palestinesi e israeliani. Emerge chiara la realtà dall’ennesima, tragica puntata del lungo conflitto israelo-palestinese: senza un negoziato la guerra si eternizza. Intanto la guerra domina la scena mondiale.
Ieri la conquista azera del Nagorno Karabakh, oggi l’attacco di Hamas: storie diverse, ma tutte mostrano come la guerra e la violenza sono divenute protagoniste dei nostri giorni e, purtroppo, strumento per risolvere i conflitti.