Palestinesi a Gerusalemme Est (Reuters).
“Vieni e vedi” hanno scritto a Papa Francesco, rifacendosi all’invito iniziale che Gesù rivolge ai primi discepoli nel Vangelo di Giovanni. “Vieni e vedi il muro di separazione che da 10 anni i palestinesi sono costretti ad attraversare (...), vieni e vedi l'umiliazione delle impronte da mostrare, di chi vive murato in casa propria, di chi subisce l'umiliazione di vivere privato della libertà di decidere della propria vita (...), vieni e vedi le insopportabili realtà delle colonie-insediamenti (…), i testimoni di queste violazioni”. È l'accorato appello di padre Paolo Bizzeti, direttore del Centro Giovanile Antonianum di Padova e guida di pellegrinaggi in Terra Santa, insieme a un gruppo di sacerdoti e laici, fondatori della Tavola Pellegrini Medioriente.
“Vieni e vedi”, perché si può anche andare in Terra Santa senza guardarsi attorno, senza capire davvero. Così, forti della “esperienza autentica del pellegrinaggio biblico, spirituale e di comunione con tutti i fratelli: cristiani, ebrei, musulmani”, hanno scritto una lettera al Santo Padre, in vista del Suo pellegrinaggio, dal 24 al 26 maggio.
«Lo scopo - spiega padre Paolo Bizzeti, coordinatore per la stesura della lettera - è che ci sia la presa di coscienza che in Israele, i cristiani locali sono in una situazione estremamente difficile, per il fatto di essere per lo più arabi. Dopo anni e anni dal riconoscimento dello Stato di Israele da parte della Santa Sede (con l'Accordo Fondamentale tra Israele e Vaticano del 30 dicembre 1993, la Santa Sede ha riconosciuto lo Stato ebraico, ma non la sua capitale Gerusalemme, ndr), la Chiesa cattolica non ha ancora ricevuto personalità giuridica. La nostra lettera vuole essere un contributo da parte di chi quella situazione la conosce bene».
I sottoscrittori sono preoccupati per “quei fratelli e sorelle che tanto soffrono a causa dell'occupazione militare della loro terra. “Sappiamo che entrambi i popoli non vivono in pace - si legge ancora nella missiva -: quale differenza, tuttavia, fra il popolo palestinese e quello israeliano, nella quotidianità della vita, nelle possibilità di concepire un presente ed un futuro degni, nel poter andare e venire fuori dai propri confini... Tutto questo non possiamo tacerlo! (...). Come ricorda Kairos Palestina, il Documento dei cristiani di Terra Santa, del 2009: Alla luce degli insegnamenti della Scrittura, la promessa della terra non è mai stata un programma politico, ma piuttosto il preludio ad una salvezza universale e l'inizio del compimento del regno di Dio sulla terra (2.3). Per questo ci scandalizza che alcuni teologi occidentali abbiano cercato di trovare una legittimazione biblica e teologica all'ingiustizia che è stata imposta al popolo palestinese (Kairos 2.3.3). Nessuna giustificazione biblica o teologica potrà mettere in ombra la responsabilità di chi occupa la terra palestinese con le armi, con le colonie illegali, con la requisizione arbitraria di acqua e terra, e con i tanti checkpoint. In questa situazione le persone sono impossibilitate a vivere con dignità, e spostarsi in casa loro; intere famiglie vengono terrorizzate con punizioni collettive e con arresti arbitrari, con incursioni notturne nelle case e con l'abbattimento delle stesse, e scoprono le loro colture avvelenate, assieme alle bestie e alle fonti d'acqua”.
Pensa che il Papa accoglierà il vostro appello?
«Quello che abbiamo proposto è abbastanza utopico, lo sappiamo. L'itinerario del Papa è fortemente condizionato in nome della sicurezza. Io credo che questa logica alla fine sarà un boomerang per Israele stessa, che noi tutti amiamo, e non soltanto per i luoghi della cristianità; noi amiamo quel popolo, quella terra, amiamo la religione ebraica, il cui contributo alla storia e alla cultura dell'umanità è grandioso. Proprio per questo è triste vedere il ripetersi sul piano politico di errori passati».
I pellegrini, che da tutto il mondo vanno in Terra Santa, sono consapevoli della situazione?
«Dipende. C'è chi si limita a visitare i santuari cristiani: l’incontro e la condivisione con le comunità locali, specie in Cisgiordania, è decisione ancora di pochi. Può essere una precisa scelta pastorale, oppure no... Si può andare anche in perfetta buona fede e non accorgersi di molte cose, ma prima delle pietre dei luoghi santi ci sono le “pietre vive” da incontrare: ascoltare le loro storie, conoscere le loro situazioni, vivere le loro esperienze (per esempio attraversare i check point, con giovani che ti puntano il mitra), così si comincia a capire. Poi basta leggere i report dell'Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari (OCHA) a Gerusalemme: il muro non è stato costruito neppure rispettando la linea verde; questi sono dati oggettivi ed evidenti».
Perché non si riesce a uscire da questa situazione?
«Se si lascia che i coloni agiscano come vogliono, le conseguenze sono ovvie. Parliamo di persone che crescono dentro un piccolo recinto, che diventa prigione per loro stessi, senza nessun contatto con la popolazione palestinese cisgiordana. Non è un problema di bontà o cattiveria delle singole persone, ma del fatto che sono state favorite modalità che tendono a impedire il rapporto tra le due parti: quando uno non ha la possibilità di conoscere l'altro, l'altro diventa quello che si vuole».
Chi si siede alla Tavola
La Tavola Pellegrini Medioriente è un gruppo composto da sacerdoti, religiosi e laici impegnati a vario titolo in pellegrinaggi e attività di collaborazione con le chiese locali nelle terre della Bibbia. I firmatari della lettera a papa Francesco, per lo più accompagnatori spirituali in Terra Santa, sono: padre Paolo Bizzeti SJ; Matteo Benedetti, Verona; don Nandino Capovilla, Venezia - Coordinatore nazionale di Pax Christi; Emanuela Compri, Verona; Lino Concina, Padova; don Sergio Marcazzani, Verona; don Emanuele Previdi, Verona; padre Iuri Sandrin SJ, Bologna; don Martino Signoretto, Verona - Docente di Sacra Scrittura alla facoltà teologica del Triveneto; don Raimondo Sinibaldi, Vicenza - Direttore Ufficio Pellegrinaggi Diocesi di Vicenza; don Gianantonio Urbani, Vicenza; don Giacomo Viali, Vicenza.