La Turchia torna sotto attacco e ancora una volta il terrorismo colpisce in un grande aeroporto, poco più di tre mesi dopo le bombe di Bruxelles. Dedicato al presidente Ataturk, l'aeroporto di Istanbul è il terzo più trafficato in Europa dopo quello londinese di Heathrow e il parigino Charles De Gaulle. Nel 2015 sono transitati nell'aerostazione oltre 61 milioni di passeggeri.
I dati certi sono i seguenti: l'attacco ha provocato 36 morti e 147 feriti, di varie nazionalità. Sono entrati in azione tre attentatori, arrivati all'aeroporto in taxi. Prima hanno sparato colpi di arma da fuoco nel terminal delle partenze, poi si sono fatti esplodere nel momento in cui la polizia ha risposto al fuoco. Il primo ministro Binali Yildrim ritiene che l'attacco porti la firma la dell'Isis.
La Turchia viene colpita durante il mese sacro del Ramadan e a poche ore dalla rappacificazione con Israele, dopo sei anni di tensioni a causa del raid di un commando israeliano che nel 2010 attaccò una nave turca noleggiata per portare aiuti a Gaza. In contemporanea con la riconciliazione fra Erdogan e Netanyahu, la Turchia aveva ufficialmente chiesto scusa alla Russia per l'attacco al jet russo al confine fra Siria e Turchia del 24 novembre scorso.
Colpisce il tempismo dell'attacco di ieri sera con questi sviluppi diplomatici, ma va detto che attentati così non si improvvisano all'ultimo momento. Inoltre la strage all'aeroporto di Istanbul arriva dopo un anno di altri sanguinosi attentati.
Dal giugno del 2015 ad oggi la Turchia ha subito 14 attacchi, per un totale di 278 morti. Almeno 8 di questi attentati sono stati rivendicanti dai combattenti separatisti kurdi, gli altri vanno attribuiti all'Isis. In questo ultimo anno il terrorismo ha colpito sia nelle regioni a maggioranza kurda, sia nelle principali metropoli del Paese.
La capitale Ankara è stata colpita tre volte. L'attentato più grave risale al 10 ottobre scorso, quando l'Isis uccise un centinaio di persone che partecipavano a un raduno pacifista.
I successivi attentati nella capitale sono stati il 17 febbraio (28 morti fra un convoglio di militari) e il 13 marzo, quando 37 persone morirono in una pubblica piazza. Entrambi gli attentati sono stati attribuiti ai militanti kurdi.
Istanbul, prima dell'attentato all'aeroporto Ataturk, aveva subito attacchi il 12 gennaio (10 morti), il 19 marzo (4 morti) e il 7 giugno (11 morti). Ogni volta sono stati colpiti luoghi turistici. Tutti gli attentati, tranne quello del 7 giugno, sono stati rivendicati da Isis.
Il massacro all'aeroporto Ataturk è un segnale ulteriore della fragilità della Turchia di oggi. Il Paese, membro della NATO, ha un approccio ambiguo rispetto ai problemi della regione mediorientale, in particolare per quanto riguarda la lotta all'Isis.
La Turchia viene spesso ritenuta un partner riluttante nella lotta contro i militanti del Califfato. L'esercito turco sembra più impegnato a combattere i militanti kurdi, i cui gruppi sono però sostenuti dagli Stati Uniti per fronteggiare le milizia di Isis. Il presidente Erdogan ha detto che attentati come quelli di ieri sera poteva accadere il qualunque altro aeroporto del mondo. Ha ragione, ma fino a un certo punto. Nella Turchia di oggi c'è un evidente problema di sicurezza.