La loro storia è stata raccontata in un libro Monuments Men. Eroi alleati, ladri nazisti e la più grande caccia al tesoro della storia, dello storico americano Robert Edsel (con Bret Witter), pubblicato nel 2009 negli U.S.A. ed edito in Italia nel gennaio 2014 da Sperling & Kupfer. Libro che ispirò il film omonimo scritto, diretto, prodotto e interpretato da George Clooney, in onda stasera su Rete 4 alle 21,15. I Monuments Men erano trecentocinquanta uomini e donne, appartenenti a tredici Paesi diversi che tra il 1943 e il 1951, prestarono servizio presso la Mfaa (Monuments, Fine Arts and Archives); restauratori, archivisti, direttori di musei, esperti di arti figurative, archeologi, senza praticamente nessuna esperienza militare in servizio presso gli eserciti alleati durante il secondo conflitto mondiale ed inviate in Europa con la missione di recuperare i capolavori dell’arte. Fu il presidente americano Franklin D. Roosevelt ad avere l’idea di questa task force preoccupato della razzia di opere d’arte che i tedeschi stavano sistematicamente effettuando nei territori occupati. L’obiettivo di Hitler era, una volta finita la guerra, di radunare tutti i capolavori nel cosiddetto Führermuseum, che doveva sorgere nella città austriaca di Linz.
Nella primavera del 1944 i componenti della missione si ritrovarono in Gran Bretagna, a Shrivenham, per addestrarsi prima di raggiungere il continente e sbarcarono in Normandia insieme con le altre truppe a inizio giugno. I Monuments Men una volta individuato un luogo ricco di opere d’arte vi affiggevano un cartello “Off limits. A tutto il personale militare: Edificio storico!”. Iniziarono poi le indagini per rintracciare quadri, sculture, intere collezioni scomparsi da chiese e musei dopo il passaggio delle truppe tedesche. A Parigi poterono contare sulla collaborazione del direttore del Louvre, Jacques Jaujard, e della collaboratrice volontaria del Museo Jeu de Paume, Rose Valland (interpretata nel film da Cathe Blanchett) che sapeva dove i nazisti avevano occultato le opere rubate alle grandi famiglie ebraiche francesi. Una parte notevole di tali capolavori (insieme ad un’infinità di oggetti da collezione) era stata ammassata in Baviera, nel castello di Neuschwanstein. Il luogo era talmente pieno di opere d’arte che i Monuments Men impiegarono ben sei settimane per svuotarlo. Tra i ritrovamenti dei Monuments men il tesoro di Carlo Magno, a Siegen in Renania Settentrionale Westfalia. l’intera riserva aurea della Germania nazista, ma pure una notevole numero di opere a Merkers, in Turingia, A Bernterode essi si trovarono di fronte alle bare dei Re di Prussia tra cui quella di Federico II il Grande e nella miniera di Heilbronn, nel Baden Württemberg, i tesori del Museo di Karlsruhe.
Il ritrovamento più clamoroso avvenne nel maggio 1945, a guerra finita, nella miniera di salgemma di Altaussee, in Austria. I nazisti vi avevano raccolto ben 6500 quadri, statue, mobili, libri, monete oggetti preziosi diversi.
Tra i capolavori rinvenuti anche la Madonna con Bambino, scolpita da Michelangelo nel 1503/1504, sottratta alla Chiesa di Nostra Signora di Bruges. l’Astronomo di Jan Veemeer (1668), proveniente dal Louvre; il Polittico dell’Agnello Mistico, un olio su tavola, dipinto da Jan van Eick nel 1432 (cattedrale di Sint Baafs di Gand). E davanti alla miniera, abbandonate su un prato, c’erano otto casse con una scritta in tedesco: “Attenzione, marmi, maneggiare con cura” che invece contenevano otto grandi bombe inesplose che sarebbe servite a far saltare in aria le opere in caso di sconfitta secondo quella che era stata denominata “Operazione Nerone”. Per fortuna l’ordine alla fine no0n era stato eseguito.
Quelle opere, insieme a tutte le altre ritrovate, vennero portate alla centrale istituita dagli Alleati a Monaco e da qui iniziò una difficile opera di individuazione dei proprietari -tanti di loro erano stati uccisi nei campi di sterminio- e di restituzione.