Sono una lettrice di Famiglia Cristiana e mi piace dar voce a Sergio, un giovane uomo e padre, che della sua grave malattia ha voluto fare una testimonianza di vita. L’ho conosciuto di recente ed è una persona che oserei definire straordinaria per la sua positività, per come coltiva la speranza, per come irradia il suo sorriso che ti disarma se solo provi qualche perplessità. Un giovane uomo che ha fatto della sua brutta e inaspettata malattia un grido alla vita. «Non mollo», dice Sergio, «sono ripartito, voglio vincere questa battaglia e tramutare questo male in risorsa». E con questa forza, con questa tenacia e con questo guardare avanti egli sta diventando un testimone della gioia.
«Da dove ti viene tanto coraggio?», chiedo. «Dalla mia famiglia! Da mia moglie e da mio figlio in primis e poi dai miei genitori, dalla mia grande sorella; tutte persone splendide che mi hanno aiutato, mi hanno sostenuto e mi aiutano tuttora, nella mia attuale disabilità, e insieme a me cantano alla vita. Dalla scoperta di questo brutto male, un glioblastoma di IV grado al cervello, la mia vita è cambiata. Tutto e tutti attorno a me sono cambiati perché all’inizio ti sembra che il mondo ti crolli addosso e piano piano, dopo le prime naturali reazioni, ti accorgi che stai cambiando, scopri qualcosa di inaspettato: affetti rinsaldati, amicizie rinvigorite, riconoscenza per chi si è accorto dei tuoi bisogni concreti in cui improvvisamente ti sei venuto a trovare perché non puoi più usare le mani per il lavoro che facevi, rapporti nuovi con i tuoi genitori. Tutto ha un altro sapore, cominci ad abitare il tuo intimo, impari ad ascoltare il tuo io profondo, ti abitui a godere delle piccole cose che avevi perso l’abitudine di osservare e di gustare. La vita di prima, vista con gli occhi del tempo presente, ti appare frenetica; tutto era fatto di corsa, ora ogni cosa è rallentata e ciò che allora ti sembrava importante ora sa solo di effimero; ora non hanno importanza le cose ma i sentimenti, i valori, l’amicizia, il cielo, i colori, il volo di una farfalla o il cinguettio di un passero».
Sergio, infatti, dopo la malattia, ha ripreso a dipingere. Nelle sue tele scorgi lunghi tratti di spiaggia, lunghe distese di mare dalle quali, sempre, emerge un’isola, un lembo di terra, un approdo che si chiama speranza. «Un altro elemento importante», continua Sergio, «è il rapporto nuovo che mi lega ai miei genitori, perché a volte l’adolescenza e la giovinezza ti fanno pensare che puoi bastare a te stesso e mettono un ostacolo tra padre e figlio, ti fanno credere che sei cresciuto e non hai più bisogno di loro. Ora invece c’è una relazione nuova, c’è un’intesa sottile, di reciprocità, ed è bella! Sembra quasi che tu debba perdere la salute per scoprire la grandezza della piccolezza. Sembra un paradosso! E non credere che abbia perso l’uso della ragione, sia uscito di senno, sto solo cercando di dirti quanta grandezza ci sia in questa nuova avventura che la vita mi ha proposto e che si chiama: una malattia grave e invalidante.
«Ricordo che, appena operato, in quella prima notte trascorsa a occhi aperti, ascoltando tutti i rumori e le barelle delle emergenze, io mi sentivo un nulla perso in quel grande letto bianco, mentre tutto attorno a me era nero e buio. Ma il mio mattino si è riempito di luce grazie al sorriso che la caposala, stremata dalla notte passata, mi ha offerto soffermandosi sulla mia porta. Quel sorriso, quel gesto di bontà e di compassione non lo dimenticherò mai.
«E poi c’è Luisa, la mia grande Luisa, la donna che ho scelto e che mi è stata donata, con la quale abbiamo costruito la nostra bella coppia e famiglia. Lei ora è il mio angelo, ma ancor prima è la mia complice e insieme, senza voler scandalizzare nessuno, diciamo grazie a questo nostro nuovo tempo di vita. Il miracolo che stiamo vivendo non è tanto ricuperare ciò che ho perso (anche se sto e stiamo lottando ogni giorno con tutta la forza possibile per guarire), ma vedere tutte le attenzioni, l’aiuto, lo sprone quotidiano, le carezze dei nostri familiari, degli amici e anche la solidarietà di persone nuove. Questo è il vero miracolo, perché ho perso tanto ma ho, abbiamo, guadagnato molto. E non dimentichiamo Lorenzo, il mio giovane figlio diventato grande all’improvviso!
«A coloro che mi leggono posso solo dire: siate riconoscenti, sempre, di tutto e non dimenticate che la vita anche se privata di qualcosa è sempre un grande dono per noi e per gli altri. Ai giovani vorrei dire: non sprecate le occasioni per donare un sorriso, per rendervi utili, per spendervi per gli altri soprattutto per chi è più debole; non perdete alcuna occasione di bene. Alle coppie vorrei dire: non lasciatevi indebolire dalla routine, da ciò che è passeggero; prendetevi per mano e camminate insieme per le vie, forse tortuose, del vostro essere coppia perché c’è sempre Qualcuno che si accompagna a voi. Ai genitori vorrei dire: non smarrite la speranza quando vi sembra di perdere i vostri figli perché tutto ciò che avete seminato rimarrà nel loro cuore e li vi ritroverete.
«A tutti vorrei dire di non rimandare a domani il bene che potete attuare oggi; non aspettate l’evento di “grandi avventure” quali una malattia, un lutto… prima di scoprire l’amore di Dio, perché anch’io usando le parole di sant’Agostino dico:“Tardi ti ho amato Bellezza sempre antica e sempre nuova”. Anch’io mi sono lasciato sorprendere da questa brutta malattia per scoprire che Dio esiste, che mi è Padre e che ha un modo tutto suo (forse a me un po’ incomprensibile) di volermi bene e piano piano mi porterà a scoprire il bello di questo tempo in cui tutto sembra essere in salita.
«A me stesso dico: stai nella vita, Sergio, perché ora più che mai hai un compito da svolgere e hai un dono grande da regalare».
Sergio ha accettato di condividere questa sua testimonianza con l’unico obiettivo di essere motivo di speranza, spalla a qualcun altro che fatica nel suo vivere quotidiano, ma anche per chi non sa allargare lo sguardo oltre il proprio recinto, per chi magari ha tutto ma si lamenta di tutto. «Se solo avrò trasmesso qualcosa di positivo a una sola persona, avrò un motivo in più per affrontare questi giorni in cui l’effetto della chemio è ancora più devastante e vivrò con la consapevolezza ancor più profonda che la vita è un dono e come tale va vissuta perché ci sono momenti bui da vivere ma anche giorni felici da gustare».
Saper ringraziare è un grande dono e io vorrei essere grata a Sergio e a chi come lui sa consegnare a noi, gente sempre in corsa, non il loro peso ma la gioia di proseguire, tramutando gli ostacoli sempre nuovi in grandi traguardi raggiunti e che ci fanno capire quanto siano le piccole cose che rendono importanti la vita.
CARMEN BAREL