Il diritto all'acqua è ancora tra quelli più negati nel mondo. Nonostante sia uno dei diritti umani fondamentali. Eppure sono oltre 2 miliardi le persone che non hanno accesso ad acqua sicura e potabile. E come spesso capita nelle classifiche, la fascia più colpita è quella delle donne: nei Paesi in cui le risorse idriche non arrivano in casa, in 8 casi su 10, le donne sono le principali incaricate della raccolta dell’acqua dovendosi sobbarcare per “il bene della famiglia” tanti chilometri a piedi. Questo diventa un ulteriore ostacolo all’emancipazione femminile e alla possibilità per le ragazze di frequentare le scuole. A cascata, questo aumenta - nei Paesi in povertà o in forte stress idrico - per le giovani donne il rischio di subire violenze e molestie. Sono solo alcune delle evidenze di Flowing Futures, Atlante elaborato da WeWorld - l’organizzazione italiana indipendente impegnata da 50 anni a portare al centro chi è ai margini, geografici o sociali, e promuovendone lo sviluppo umano ed economico, in oltre 25 Paesi, inclusa l'Italia -. Al centro il tema dell’accesso e della disponibilità di acqua a livello globale e le conseguenze causate dalla sua assenza sui diritti umani.
«L’Atlante riflette l’approccio di WeWorld, che da anni si è dotata in diversi Paesi dov’è attiva di una strategia Wash (acronimo che sta per il termini inglesi: acqua, servizi sanitari e igiene): l’obiettivo è garantire il diritto all’acqua, che è uno dei pilastri per proteggere i diritti umani e, di conseguenza, garantire che tutti possano prosperare», commenta Anna Crescenti, esperta Wash di WeWorld. Che aggiunge: «I servizi legati all’acqua sono più che semplici rubinetti: acqua potabile sicura e servizi sanitari e igienici sono essenziali per garantire la la salute delle persone, contribuendo al miglioramento di altri aspetti della vita individuale e comunitaria, come i mezzi di sussistenza, l’alloggio e l’istruzione e il lavoro - da un lato - e - dall’altro - lo sviluppo delle comunità e di un ambiente sano, anche in Italia».
Oggi le principali aree in crisi idrica, ovvero quei territori dove le risorse sono assenti o limitate soprattutto a causa del cambiamento climatico, sono il Medio Oriente, in particolare Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Israele, Giordania e Siria e il Nord Africa, soprattutto Egitto, Algeria e Libia, secondo i dati dell’Atlante.
La Siria, a causa della guerra incorso da oltre 10 anni, ha un sistema idrico che ha subito gravi danni alle sue infrastrutture, e che perciò espone la popolazione a emergenze sanitarie, come le epidemie di colera, che ormai sono endemiche. In Burundi invece più della metà della popolazione, ovvero il 54% del totale, non ha accesso a servizi igienico-sanitari adeguati e solo il 62% accede ai servizi di base di acqua potabile, numero che si abbassa al 58% nelle aree rurali contro il 91% in quelle urbane. Restano nell’area, in Kenya solo il 63% delle famiglie ha accesso ai servizi di base di acqua potabile. Anche per questo, tra i suoi interventi sul campo, WeWorld in Kenya punta alla costruzione di 42 blocchi di servizi igienici separati per genere, per favorire un più sicuro accesso ai servizi idrici soprattutto per bambine e ragazze.
WeWorld è presente anche in Italia si trova all’11° posto nella categoria dell’Indice mondiale che misura l’accesso dei Paesi all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari. La quantità di acqua dispersa oggi dalla rete degli acquedotti italiani è il principale problema: 157 litri per abitante al giorno vanno perduti, una quantità che coprirebbe il fabbisogno idrico di oltre 43 milioni di persone per un intero anno. Nel nostro Paese c’è anche un altro grave problema che tocca quasi quasi 7 milioni di persone che non sono collegate alla rete fognaria pubblica: il servizio inoltre è completamente assente in 40 comuni per un totale di 386mila residenti, soprattutto in Sicilia. Nel 2022 sempre in Italia il 9,7% delle famiglie - quasi 2,5 milioni di persone - hanno lamentato irregolarità nel servizio di approvvigionamento idrico di cui circa il 70% al Sud, soprattutto in Calabria e Sicilia.
Che l’acqua sia potabile e non contaminata microbiologicamente è cruciale, altrimenti si corre il rischio di trasmettere malattie come diarrea, colera, dissenteria, tifo, che rappresentano una grave minaccia per la salute delle persone, in particolare dei bambini. A livello globale però, secondo WeWorld 1,5 miliardi di persone non dispongono ancora di servizi igienico-sanitari adeguati: questa carenza è responsabile di circa il 90% dei casi di diarrea, la seconda causa di mortalità nei bambini sotto i cinque anni.
Nel 2021 - riporta l’Atlante - 3 scuole su 10 in tutto il mondo non disponevano di servizi idrici di base e più di 1 su 4 non disponeva di servizi igienico-sanitari di base. Nei contesti di emergenza idrica, può aumentare l'esposizione dei bambini alla violenza, all'abuso, all'abbandono e allo sfruttamento.
In questo contesto i cambiamenti climatici riducono ulteriormente la disponibilità di acqua potabile sicura e amplificano il rischio di malattie causate dalla sua contaminazione. Eventi meteorologici sempre più estremi legati all'acqua hanno causato 11.778 disastri segnalati tra il 1970 e il 2021, con più di 2 milioni di morti e 4,3 trilioni di dollari di perdite economiche. Il cambiamento climatico ha un enorme impatto negativo sui servizi idrici e igienico-sanitari Allo stesso tempo, il settore rappresenta una grande opportunità per contribuire agli obiettivi globali di adattamento e mitigazione: gli interventi di WeWorld vanno infatti nella direzione di costruire comunità inclusive e resilienti in grado di affrontare le conseguenze della scarsità idrica e dei disastri naturali, attraverso la creazione e il rafforzamento dei sistemi idrici, la costruzione di impianti a prova di inondazioni, l'implementazione di tecnologie per il risparmio idrico, la promozione dell'energia rinnovabile e campagne di sensibilizzazione ambientale nelle scuole.