«La incontrai a un cocktail a casa di amici ed era veramente la donna più bella e affascinante che abbia mai conosciuto. Il suo corpo, sul quale lavorava tantissimo in palestra, era guarito dall’anoressia e dalla bulimia delle quali aveva sofferto». Cosi’ Antonio Caprarica, autore di “L’ultima estate di Diana”, pubblicato dalla Sperling & Kupfer, in libreria dallo scorso giugno, e già best seller, ricorda la principessa.
«Con il mio volume ho voluto riparare un debito nei confronti della moglie del principe Carlo», continua lo scrittore, già inviato di guerra della Rai e responsabile della redazione di Londra, autore anche di una biografia della Regina Elisabetta e di altri libri dedicati agli inglesi, «perché, durante il periodo del divorzio da Carlo, mi ero schierato, con I miei articoli, dalla parte del principe. Ero convinto che Diana sbagliasse a criticare la monarchia. Pensavo che avrebbe dovuto mettere l’istituzione al primo posto, come hanno sempre fatto le mogli di re e principi e accantonare la sua infelicità per salvare la monarchia».
Ci sono voluti vent’anni perché questo grande conoscitore della monarchia britannica si ricredesse e a fargli cambiare idea sulla principessa sono stati proprio I suoi figli, William e Harry.
«Mi piacciono moltissimo», dice Caprarica, «e vedo che Diana ha fatto con loro un ottimo lavoro, rendendoli compassionevoli, capaci di parlare delle loro emozioni, sintonizzati sui loro sudditi. Insomma la principessa, anziché distruggere la monarchia, l’ha riformata, rivitalizzata per il nostro secolo. I principi, infatti, portano avanti le cause che le stavano più a cuore, come la campagna antimine, ma, anche, dimostrano le loro emozioni, a differenza delle generazioni di reali del passato».
«Diana, come tanti altri giovani della sua età, decise che la sua felicità personale era più importante di tutto, del dovere, delle tradizioni, delle istituzioni», spiega ancora lo scrittore. «Rifiutò, anche qui sintonizzata su milioni di inglesi, l’ipocrisia che voleva che I suoi guai fossero messi in disparte in nome di quello “stiff upper lip”, quel labbro ingessato, che significa grande controllo delle emozioni e che era tipico degli aristocratici del passato ai quali apparteneva anche la Regina».
I sudditi, secondo Caprarica, sentirono l’autenticità della principessa e anche la sua straordinaria empatia, la capacità di provare compassione per quelli tra di loro meno fortunati e scelsero questo modello di monarchia preferendolo a quello proposto da Elisabetta.
Ne “L’ultima estate di Diana” lo scrittore racconta proprio come nell’anno trascorso da divorziata, l’ultimo della sua vita, Diana stesse cercando una nuova identità e una sua missione e spiega come, con la sua morte, la monarchia è stata trasformata per sempre.
«Diana stava cercando un ruolo che fosse davvero suo, non più come figlia del conte Spencer, una delle casate più importanti del Regno Unito, o come moglie di Carlo, l’erede al trono, o come madre di William, il futuro re britannico», spiega ancora Caprarica. «La principessa era poco istruita ma intelligentissima, come confermò lo stesso Henry Kissinger, che l’aveva conosciuta, e aveva ormai superato le crisi adolescenziali nelle quali puniva il proprio corpo mangiando troppo o troppo poco. Era anche una comunicatrice straordinaria e aveva capito che, usando la sua bellezza, poteva aiutare centinaia di persone».
Purtroppo una morte tragica sottrasse Diana alla sua missione, ma questa donna straordinaria, grande amante della vita, ha compiuto, attraverso I figli, quello che da viva non le era riuscito, cambiare per sempre l’istituzione che non era riuscita ad accettarla.