«Questo è il grande tempo della misericordia, non pensate che abbiamo tutti bisogno di un supplemento di carità, di quella carità che condivide, che si fa carico del fratello?» chiede il Papa affacciandosi dalla finestra dello studio nel palazzo apostolico per la recita dell'Angelus. «Lasciamoci inondare dall'amore di Dio», esorta il Papa. «Oggi è la festa del Battesimo del Signore, e stamattina ho battezzato trentadue neonati. Ringrazio con voi il Signore per queste creature e per ogni nuova vita. Ogni bambino che nasce è un dono di gioia e di speranza, e ogni bambino che viene battezzato è un prodigio della fede e una festa per la famiglia di Dio».
Poi insiste sul fatto che quando Gesù ebbe ricevuto il battesimo da Giovanni nel fiume Giordano, come dicono i Vangeli: «si aprirono per lui i cieli». Questo realizza le profezie ed è per noi una speranza perché, continua il Papa, «se i cieli rimangono chiusi, il nostro orizzonte in questa vita terrena è buio, senza speranza. Invece, celebrando il Natale, la fede ancora una volta ci ha dato la certezza che i cieli si sono squarciati con la venuta di Gesù. E nel giorno del battesimo di Cristo ancora contempliamo i cieli aperti».
Una manifestazione che segna l’inizio del grande tempo della misericordia, dopo che il peccato aveva chiuso i cieli. Allora, è l'esortazione del Papa, «lasciamoci invadere dall’amore di Dio, che ci viene donato la prima volta nel Battesimo per mezzo dello Spirito Santo». Facendosi battezzare lui stesso, Gesù condivde la nostra condizione e la nostra povertà. «Condividere», conclude il Papa, «è il vero modo di amare. Gesù non si dissocia da noi, ci considera fratelli e condivide con noi. E così ci rende figli, insieme con Lui, di Dio Padre. Questa è la rivelazione e la fonte del vero amore.Non vi sembra che nel nostro tempo ci sia bisogno di un supplemento di condivisione fraterna e di amore? Non vi sembra che abbiamo tutti bisogno di un supplemento di carità? Non quella che si accontenta dell’aiuto estemporaneo che non coinvolge, non mette in gioco, ma quella carità che condivide, che si fa carico del disagio e della sofferenza del fratello».