La donna più in vista è Barbara Jatta, da poche settimane alla guida dei Musei Vaticani. Ma oggi sono circa 750 le donne che lavorano per il Vaticano, sia laiche sia consacrate. Molte, fra loro, non immaginavano di essere così tante in un ambiente dove, da secoli, spiccano solo figure maschili. Così, scoprendosi e contandosi, le donne del Vaticano hanno deciso di riunirsi in un’associazione. L’atto di nascita, negli uffici del Governatorato e alla presenza di un notaio, è datato 1º settembre 2016, ma la prima assemblea è stata lo scorso novembre. Sessanta donne si sono iscritte subito, poi ne sono arrivate un’altra decina. Fra loro, pochi giorni fa, anche tre suore indiane impiegate della Radio Vaticana. Sono le prime religiose che aderiscono a D.V.A.
Il nome è accattivante: «Ne abbiamo discusso molto, alcune proponevano nomi molto pii, altre nomi più leggeri e divertenti, alla fine abbiamo scelto Donne in Vaticano. Siccome Diva ci sembrava un po’ eccessivo, abbiamo scelto la sigla con il punto, che suona comunque Diva», racconta Romilda Ferrauto. Ferrauto, da poco in pensione dopo 35 anni di lavoro ai programmi francesi della Radio Vaticana, è la vicepresidente dell’associazione.
«La scintilla che ha fatto nascere questo gruppo», racconta, «risale a una festa dell’8 marzo di qualche anno fa, quando era ancora Papa Benedetto. L’ambasciatrice del Canada presso la Santa Sede invitò a casa sua alcune impiegate del Vaticano. Molte fra noi si sono conosciute per la prima volta in quella occasione, così abbiamo cominciato a scambiarci esperienze, desideri, anche frustrazioni. Fra un momento conviviale e l’altro, è nata l’idea di creare l’associazione, presieduta da una collega giornalista, l’americana Tracy McLure».
Lo statuto è stato approvato dal Governatorato e il segretario di Stato Parolin ha dato il via libera. Padre Federico Lombardi è il padre spirituale. Papa Francesco è informato, ma per ora non c’è stata l’occasione per un’udienza riservata. «D.V.A. non è un sindacato o un luogo di battaglie ideologiche», chiarisce Ferrauto, «tuttavia ci è giunta voce di alcune autorità vaticane che ci guardano con sospetto, forse perché ci conoscono poco». Progetti? «Fra di noi è emersa la necessità di avere servizi per i figli, magari con la creazione di un asilo nido e di attività di doposcuola. Fuori dal Vaticano invece vogliamo realizzare iniziative di solidarietà per le donne in difficoltà, non solo raccogliendo fondi ma anche con la nostra presenza».
Gudrun Sailer, austriaca, giornalista della Radio Vaticana, tra le fondatrici di D.V.A, denisce l’aumento delle donne lavoratrici in Vaticano «un crescendo muto ma costante». Per anni si è pensato che la prima donna assunta in Vaticano fosse Anna Pezzoli, romana, che nel 1915 cominciò a lavorare presso la Floreria, l’ufficio che cura gli arredi per le cerimonie papali. «In realtà» spiega Sailer, «da ricerche presso l’Archivio del Governatorato, risulta che la Pezzoli fu la tredicesima donna assunta in Vaticano, però non sappiamo ancora chi sono le altre. Certo è che dal 1929 in poi alcune donne laureate furono assunte dalla Biblioteca Apostolica per curare l’indice dei manoscritti. Dopo il Concilio, sono arrivate sempre più laiche, infatti risale all’inizio degli anni Settanta il primo regolamento per i congedi di maternità».
Tra le donne del Vaticano spicca la gura di Hermine Speier, tedesca ebrea, che fuggì dalla Germania e trovò lavoro presso i Musei Vaticani. Era una delle archeologhe più celebri della sua epoca, chiamata “la Monsignorina”. È questo il titolo della biografia (non ancora tradotta in italiano) che le ha dedicato Gudrun Sailer. «Ci sono documenti», racconta Sailer, «che dimostrano come lo stesso papa Pacelli intervenne per proteggere la Speier quando in Italia entrarono in vigore le leggi razziali. Poi la Speier si convertì nel 1939 per sposare il generale Umberto Nobile, celebre per le sue trasvolate del Polo Nord in dirigibile. Negli ultimi anni della sua vita la Speier fu afflitta dalla demenza, morì in Svizzera, ma ora è sepolta in Vaticano, nel Camposanto Teutonico».
(Foto in testata: Barbara Jatta. direttrice dei Musei Vaticani. Ansa)