«La periferia di Roma è l'orizzonte mio, come di tante donne: con le
difficoltà della vita quotidiana. Il Papa scrive nell'enciclica:
"l’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme". Lo
vediamo ogni giorno, tanto che non ce ne accorgiamo più: dal verde che non c'è, all'inquinamento, al calore eccessivo, che in questa stagione fa soffrire
gli anziani. Nelle periferie vive un mondo di gente sola, con la crisi della
famiglia, delle comunità e delle reti sociali. Per deboli e poveri, la solitudine
è una povertà in più. Nelle città cresce la separazione tra mondo dei ricchi e
dei poveri, pur in un tempo globale che pretende di essere
"connesso".
Le grandi metropoli – e Roma – stanno assumendo il volto di città polarizzate,
dove a una periferia anonima si affiancano comunità di privilegiati e un
centro-vetrina turistico e d’affari. La città si scompone come casa comune. Non
si salva la natura avendo una casa con un giardino in un compound protetto: la
città è una casa comune, come rivela l'inquinamento e la crescita di malattie
da inquinamento. La periferia di Roma è fatta di quartieri-isole, poveri di
luoghi di incontro, spesso abbandonati dal punto di vista urbanistico. La gente
vive tra il posto di lavoro –se c’è - e i centri commerciali: s'impoverisce il
tessuto umano, vera rete di protezione per i deboli. La difficoltà degli
spostamenti sottrae tempo alla famiglia. I gemiti di sorella terra si uniscono
ai gemiti di tanti affaticati nel vivere.
L’ecologia urbana, messa in pericolo dall’inquinamento, dai pochi servizi,
dall’individualismo pervasivo, rappresenta una sfida per noi cristiani. Nelle
periferie si vive male, si accumulano rabbia e senso di esclusione. A troppi è
negata la dignità di una casa, (come ai rom), e spesso si assiste alla distruzione
delle abitazioni precarie senza l'offerta di un’alternativa. Gli anziani sono
"espulsi" dal tessuto sociale, collocati in istituzioni periferiche.
Da un mondo brutto, i giovani si ritirano nel virtuale. Si sperimenta la
cosiddetta "morte del prossimo". L’isolamento modella alcuni
individui soli, depressi o aggressivi: vediamo la violenza in alcuni quartieri.
Ma ci si può aiutare a vivere meglio se si esce dalla rassegnazione
all'individualismo o dall'orgoglio solitudinario! Ci sono tante risorse umane,
talvolta disperse!
Da anni, con la Comunità di Sant’Egidio, lavoriamo per sottrarre
all’inquinamento umano spazi di "bellezza" e umanità. A partire dai
deboli -bambini, anziani, disabili - si ricostruisce un tessuto umano. Nelle
Scuole della pace si promuove l’integrazione dei bambini italiani e immigrati,
togliendo terreno all’inaccoglienza. Attorno ai deboli, si può rinnovare il
volto delle periferie, scoprendo energie che rinnovano l’ecologia umana.
L'enciclica ci chiama a praticare il bene comune: la città e l'ambiente sono
la casa comune. Viviamo spesso itinerari umani, frammentati e contradditori.
Ognuno cerca di salvarsi nel proprio angolo. Ognuno persegue il proprio
interesse. Ma c'è una "salvezza comunitaria", che parte dall'inclusione
dei deboli, preziosa risorsa di ecologia integrale. "E’ questo – ha detto
papa Francesco- il tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno
dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo". A tutti, allora, è chiesta
una conversione alla costruzione responsabile della casa comune».