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lunedì 14 ottobre 2024
 
Laudato si'
 
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Padre Claudio Soldavini, il monaco che custodisce la biodiversità

26/11/2020  Tra le colline del Piemonte, il priore del monastero di Germagno da anni classifica e preserva le varietà antiche di frutti e ortaggi: un patrimonio del Creato da trasmettere alle future generazioni

Sembra di vederlo, padre Claudio Soldavini, in una di quelle miniature d’altri tempi che raffigurano la pazienza certosina dei monaci amanuensi. In mano, una penna d’oca; davanti a sé, nello scrittorio, le pergamene su cui i suoi “colleghi” medievali trascrivevano testi antichi, perché giungessero fino a noi. In fondo anche lui, nato nel 1970 a Lonate Pozzolo, in provincia di Varese, è erede di quell’antica tradizione. Perché in un mondo in cui le parole sovrabbondano, sia sulla carta che nel digitale, oggi a rischiare di scomparire per sempre sono migliaia di tipologie diverse di piante. In gergo tecnico, si chiama germoplasma. Una parola che indica la trasmissione della biodiversità, cioè delle tante varietà esistenti in campo agricolo e botanico.

Un patrimonio che padre Claudio, nel silenzio della sua cella, ha trovato il modo di “custodire per il futuro”. Non con la penna, ma con il mouse. Nonni contadini, il padre che gli ha insegnato a innestare le piante a soli dieci anni e la madre originaria della Val di Non, territorio trentino celebre per le sue mele, padre Claudio si può dire che la botanica l’abbia sempre avuta nel sangue. Monaco benedettino sublacense da 26 anni, e da cinque priore del monastero dei santi Pietro e Paolo a Germagno, in provincia di Verbania, ha scelto questa comunità proprio perché «prevede la dimensione del lavoro manuale, e in particolare quello della terra, nello stile con cui vive la regola di san Benedetto». Del resto, l’attuale monastero è stato costruito nel 1989 – 18 anni dopo la nascita della comunità – in mezzo ai boschi fitti (che in parte erano stati danneggiati da un incendio) del monte Massone, sul lago d’Orta. E non sarà un caso se ora accoglie gli ospiti con un cartello in legno, all’inizio di una stradina ricavata tra l’arancione delle foglie e l’azzurro calmo del lago: Giardino della Risurrezione.

Padre Claudio, pantaloni scuri e tunica blu lunga solo fino alla vita, sorride calmo e si accarezza la lunga barba: «Eppure, la passione è scoppiata per caso». Ritorna coi ricordi a quando era ancora novizio, il monaco, e la sua comunità – che, «come qualsiasi famiglia, deve mantenersi» – aveva deciso di abbandonare la produzione di icone per lanciarsi in quella più proficua delle marmellate. Una scelta che ha portato alla lenta bonifica di due ettari di terreno, nonché alla ricerca di frutti particolari come le nespole germaniche, il gelso e il rabarbaro: specie minori o vecchie varietà ormai scomparse di cui padre Claudio ha chiesto le “marze”, ovvero gli innesti, alle «collezioni varietali» dell’Università di Torino e di due istituti specializzati in Trentino-Alto Adige. «Dei monaci che chiedono le marze!», ricorda padre Claudio ridendo. «Erano tutti lì a vedere chi fossimo!».

LA "BIBLIOTECA" DELLE PIANTE

Di biodiversità si inizia a parlare proprio in quegli anni e le università cominciano a pubblicare le cosiddette «descrizioni», le caratteristiche di ogni varietà. Padre Claudio, nei ritagli di tempo, raccoglie le descrizioni prodotte dai diversi istituti e le rende disponibili a tutti attraverso una banca dati informatica che si ingegna a realizzare da autodidatta. «Se hai qualcosa, condividilo! La mia logica era questa», commenta con estrema semplicità. Lui che era entrato in seminario a 14 anni con l’idea di diventare prete diocesano, e che aveva poi scelto la strada monastica «per un bisogno di silenzio, preghiera e contemplazione», comincia così ad avventurarsi nel «mondo del germoplasma», di cui fino a poco prima ignorava l’esistenza. E non si ferma qui. Scrive una guida che per la prima volta dà criteri univoci per la realizzazione delle descrizioni, partecipa a un progetto di ricerca per l’identificazione delle varietà attraverso il loro Dna e, infine, dà un importante contributo anche al mondo dell’ampelografia, la scienza che si occupa della classificazione della vite. Su invito di una fondazione trentina, ma sempre come “hobby” o, meglio, per amicizia (perché «l’amicizia è quella che fa funzionare meglio le cose»), il monaco realizza un nuovo programma informatico capace di riconoscere le varietà di vite a partire dalla loro foto. Un lavoro presentato in occasione di un convegno internazionale a Udine e che lo spinge poi a cercare le costanti matematiche che caratterizzano ciascuna varietà. Il programma è anche stavolta accessibile a tutti e a padre Claudio arrivano messaggi di ringraziamento da tutto il mondo.

UN DONO DELLA NATURA

  

Ma perché custodire il germoplasma è così importante? «La storica carestia di patate del 1845 in Irlanda è stata risolta trovando una varietà resistente alla malattia che la stava causando», spiega padre Claudio. «Non sappiamo quando e come servirà, ma conoscere e custodire il patrimonio botanico, anche se non porta benefici economici immediati, è una risorsa essenziale per l’umanità. Anche le vecchie varietà, ormai soppiantate da quelle con una resa economica maggiore, potrebbero tornare utili un domani». Insomma, «come ha sottolineato l’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, la biodiversità è un valore per sé stesso, al di là di qualsiasi risvolto economico». Suona la campanella, è l’ora della preghiera. Più tardi padre Claudio tornerà poi a prendersi cura del frutteto, dove ora dimorano una settantina di varietà di mele e una trentina di pere, oltre a frutti più particolari. Tre degli altri otto monaci continueranno invece a dedicarsi ai 50 gusti di marmellata, al miele e ai 25 diversi alcolici («prodotti per sfruttare gli eccessi di produzione») che nascono in questo angolo di bellezza su cui nessuno avrebbe scommesso. Usciamo. Accanto alla porta, lo stemma del monastero riprende un versetto del Cantico dei Cantici: «La vite recisa è in fiore». Perché alla fine, forse, prendersi cura della vite non è poi così diverso dal prendersi cura della vita. Padre Claudio questo lo sa.

MONASTERO DEL RINNOVAMENTO DOPO IL CONCILIO

La comunità del monastero dei Santi Pietro e Paolo è nata a Gudo Gambaredo, nella campagna a sud di Milano, nel 1971, all’indomani del Concilio e dell’apertura verso nuove forme di vita monastica, allora chiamate “di vita semplice”. Raccoglieva monaci di più monasteri e alcuni postulanti sotto la responsabilità del padre abate dom Gabriele Brasò, presidente della Congregazione Sublacense. Al centro la preghiera e la fraternità, il silenzio e il lavoro, la separazione dal mondo e l’accoglienza. Negli anni Ottanta la comunità si è trasferita in una casa di Agrano, sul lago d’Orta, e nel 1989 ha inaugurato il nuovo monastero di Germagno. Dal 2006 è un priorato benedettino sublacense-cassinese sui iuris e oggi conta nove monaci.

Chi è padre Claudio Soldavini: l'identikit

  

Età 50 anni 
Professione Priore benedettino
Passione Botanica 
Fede Ama la vita benedettina per la dimensione manuale dell’ora et labora

(Immagine in alto: padre Claudio Soldavini, foto di Fabrizio Annibali

 
 
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