Laura Galimberti, architetto, con esperienza nell'edilizia scolastica locale, coordina da poco la struttura di missione per il coordinamento e l’impulso nell’attuazione di interventi di riqualificazione dell’edilizia scolastica istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le abbiamo chiesto di aiutarci a fare il punto.
Dottoressa Galimberti, che cosa ha trovato, la situazione da cui si parte com’è?
«Molto complessa. L’edilizia scolastica sconta una situazione pregressa di trascuratezza, ma anche un problema strutturale di "governance", perché la scuola è gestita dal punto di vista del servizio, del personale dal Miur e dal punto di vista dell'edilizia dagli enti locali (Provincie e Comuni) che hanno la proprietà degli edifici o che li gestiscono in affitto da privati».
Possiamo spiegare qual è la vostra funzione?
«La manutenzione degli edifici è a carico degli enti locali, che hanno difficoltà a reperire risorse, attendono fondi statali che passano attraverso la programmazione delle Regioni. Se si aggiunge che in questi anni altri finanziamenti sono passati per altri percorsi: Protezione civile per quanto riguarda l'antisismica, fondi europei, fondi del ministero dell'Istruzione, fondi del ministero dell'Ambiente per il sostentamento energetico, si capisce quanto intricata sia la questione. La struttura è stata istituita con compiti di coordinamento e impulso».
Il coordinamento non è un'idea nuova: da quanto tempo attendeva attuazione la legge sull'anagrafe dell'edilizia avviata due giorni fa?
«Dal 1996».
E da allora al momento in cui il monitoraggio andrà a regime (la prossima primavera) com'è andata?
«Fondi destinati all'edilizia scolastica ce ne sono stati fin dal 2003: significa che abbiamo dei cantieri aperti potenzialmente aperti dal 2004-05».
E non si a che punto sono?
«Dei due piani stralcio abbiamo una relazione del Ministro di 10 mesi fa da cui risultano: 500 finiti, 1.300 ancora in corso e 230 mai partiti. Da una parte stiamo monitorando per capire quali problemi ci siano stati, dall'altra per capire quanti interventi si siano realizzati in questi 10 anni, ci risulta che ne siano stati finanziati 7.000».
Distribuire razionalmente risorse senza sapere dov'è il guasto non comporta il rischio di sprecarle?
«L'anagrafe dovrebbe in parte risolvere la situazione, noi crediamo anche nella programmazione regionale, che dovrebbe aiutare una visione d'insieme e una distribuzione più razionale delle risorse, sia dal punto di vista dell'edilizia sia dal punto di vista della razionalizzazione della rete scolastica».
Le scuole secondarie sono competenza delle Province, rischiano anche loro di scontare il disorientamento della riorganizzazione?
«Il tema è caldo e delicato, gli edifici sono al momento di competenza delle Province, dove ci saranno le città metropolitane ne assumeranno l'impegno. Quello che posso dire è che, se l'anno scorso i Comuni per l'edilizia scolastica degli ordini inferiori hanno potuto avvantaggiarsi dello sblocco del patto di stabilità interno, quest'anno e l'anno prossimo anche le Province potranno fare lo stesso seppure per la cifra non elevata di 50 milioni di euro, perché anche le scuole secondarie hanno emergenze. Ma sono temi che si stanno definendo adesso».
Quanto è alto il rischio, finché l'anagrafe con un monitoraggio a criteri omogenei non c'è, che a dare impulso agli interventi sia la sensibilità maggiore o minore di un amministratore locale?
«Esiste il rischio ed esisterà anche in futuro, l'anagrafe è importante ma non è la panacea, in parte perché la sua compilazione dipenderà dal lavoro delle persone, in parte perché esiste l'imponderabile: a Sesto San Giovanni, dove sono caduti calcinacci per fortuna senza gravi conseguenze, avevano avuto finanziamenti dal progetto scuole sicure, ma non erano stati messi su quell'istituto perché fino a ieri non aveva dato alcun segno apparente di criticità gravi. Lì se anche l'anagrafe ci fosse stata, non sarebbe stata decisiva».
Il rapporto di Legambiente mette in evidenza il divario Nord-Sud, lo stato delle scuole è spia di problemi più ampi?
«Il problema del Sud è strutturale: vediamo scuole che ottengono finanziamenti europei che non riescono ad usare per problemi organizzativi. Abbiamo una task force per cercare di capire dove si sbaglia. Ma non mancano esempi virtuosi. Stiamo anche lavorando per aggiornare la normativa tecnica per la costruzione di nuove scuole, perché nei casi più gravi e complessi può essere più ragionevole ed economico sostituire che recuperare edifici vetusti costruiti negli anni Cinquanta e Sessanta».
Ammesso che il problema poi non si riproponga tra qualche anno: il viadotto di qualche giorno fa insegna che la prassi di costruzione attuale non è sempre delle più virtuose…
«Esatto vorremmo fare una normativa tecnica che favorisca le buone prassi e l'uso di materiali idonei per non essere daccapo a breve».