Per la serie non bisogna arrendersi mai, Laura Morante ha
firmato il suo primo film. Ci sono voluti sette anni per realizzare il
progetto, anche se l’idea di mettersi dietro la macchina da presa la
solleticava già dal 2005. Gli intoppi sono stati davvero tanti. La produzione
si è bloccata almeno tre volte.
Nel frattempo, Laura non è certo stata a
guardare e ha continuato a lavorare tra l’Italia e la Francia. Perché la nipote
della scrittrice Elsa Morante ha la fortuna di essere una delle poche attrici
che ha un nome conosciuto e stimato non solo in Italia e Francia ma anche in
Europa. La sua opera prima è una produzione italo-francese e lei è l’unica
interprete italiana di Ciliegine, un film in cui si racconta la difficoltà
delle donne a lasciarsi a andare a sentimenti profondi per la paura poi di
dover soffrire. Una parodia affettuosa della commedia romantica.
- Sette anni per realizzare Ciliegine, un tempo interminabile per
un film.
"E’ vero. Si sono verificate una serie
di circostanze poco fortunate. La sceneggiatura piaceva a tutti ma nessun
produttore si faceva avanti. Alla fine
un produttore francese si dimostrò interessato ma impose che si girasse in
Francia e non a Roma. Serviva anche un regista ma anche quello diventò un caso
perché è sempre più difficile trovare registi che non siano anche autori dei
loro film e dirigano un film senza averlo scritto. E poi, una volta mancava
un attore, un’altra volta i finanziamenti. E così, per salvare il film, mio
marito si è improvvisato produttore, io mi sono trasformata in regista e
protagonista. Altrimenti questo film non sarebbe mai uscito".
- Lo rifarebbe, alla luce delle
difficoltà che ha incontrato?
"No, non avrei più la forza di aspettare
sette anni. In tutta la fase della scrittura mi sono divertita e poi anche a
girarlo ma tutto quello che è successo in mezzo è stato una specie incubo. Non
avevo intenzione di fare un kolossal come Ben Hur ma semplicemente una
commedia, anche se molto bella".
- La produzione è italo-francese?
"Francese all’80% e italiana per il 20%".
- E’ più facile ottenere finanziamenti
per il cinema in Italia o all’estero?
"Non so attraverso cosa sia passato il
produttore francese ma, senza dubbio, anche lui ha incontrato grosse
difficoltà. Per quanto mi riguarda, le risposte italiane tardavano a venire.
Forse il film si è impigliato in qualche meandro burocratico. Il problema nel
nostro Paese è ottenere delle risposte in tempi brevi".
- Fino a che punto la crisi che stiamo
attraversando incide sul cinema e sulla cultura in generale?
"Incide e in modo considerevole, anche
se la crisi del cinema è cominciata da tempo. Noi abbiamo avuto dei tagli
importanti alla cultura. Tra l’altro, il cinema è un’ industria che ha una
parte rilevante nell’economia del Paese. C’è tanta gente che ci lavora. Non si
capisce perché sia stato così vessato. Ci sono, però, settori che stanno
peggio. Pensiamo all’archeologia, alla ricerca, alla lirica".
- Meglio dirigere o essere diretta?
"Mi sono divertita a dirigere gli attori.
Sono stata viziata perché avevo attori di altissimo livello. Un po’ come
guidare una Ferrari…".
- Gli attori uomini come accettano un regista donna?
"E’ difficile generalizzare, ma nel mio caso il
problema non si è posto. Ho avuto un ottimo rapporto con tutti. Il gruppo di
donne, poi, mi ha proprio coccolata".
- Laura, lei è molto amata in Francia, tra l’altro sono
pochi i nostri attori che sono riusciti a entrare nel cuore dei francesi…
"Mi sono serviti da passaporto i film
importanti che ho fatto. Sono stata diretta da registi italiani del calibro di
Nanni Moretti, Bernardo Bertolucci, molto amati in Francia. Non dimentichiamo
il maestro portoghese Joao Cesar Monteiro".
- Amanda, la protagonista del film, è affetta da
androfobia. Esiste veramente, secondo
lei, una sorta di paura nei confronti degli uomini che porta a mettersi sulla
difensiva nei confronti dell’altro sesso? Una sorta di distacco emotivo per
tutelarsi?
"Esiste sicuramente, anche se
noi l’abbiamo chiamata androfobia per scherzo. Amanda è, in sostanza, una donna
che ha una profonda diffidenza nei confronti degli uomini".
- Lei assomiglia ad Amanda?
"Spesso mi metto sulla
difensiva e non soltanto nei confronti degli uomini. Ma alla fine, come tutti
coloro che pretendono di non piegarsi, rischio di spezzarmi. Quindi questo
atteggiamento non è servito molto a proteggermi. Anzi, se fossi un po’ più
malleabile, forse, avrei preso meno batoste nella vita".
- Le donne possono riconoscere nel film
le loro paure, i loro timori a lasciarsi andare?
"Persone che sono state al cinema mi hanno
raccontato che c’erano platee di donne che alla fine della proiezione
applaudivano. Evidentemente, c’è un’identificazione con la protagonista che
vuole a tutti i costi controllare i propri sentimenti".
- Le donne, a volte, vivono nella
speranza che le illusioni, i sogni si
avverino?
"Il film è proprio costruito su questo.
Ci sono tutti gli stereotipi della commedia romantica. La cosa più ardua da
cogliere è proprio questo linguaggio che è contemporaneamente candido e
scherzoso. È una parodia affettuosa del
genere. Ho voluto rimanere in bilico tra la commedia e il film sentimentale.
Il tipo di umorismo che uso non è ironico ma giocoso, quasi infantile. Una
scelta per preservare e rispettare i sentimenti nonostante ci si scherzi sopra".
- Tutti abbiamo delle pure recondite.
Lei, se ne ha, come le combatte?
"Sono piena di paure. Ci convivo. Oppure
le combatto sfidandole. Le faccio un esempio. Sono stata una ragazzina
patologicamente timida e poi ho finito per fare l’attrice, cosa successa a
molti altri colleghi. Non è una cosa rara tra chi fa questo mestiere. Conosco
persone che soffrivano di vertigini e sono diventate guide alpine. Sfidare le
proprie paure è un istinto vitale".
- Nei sette anni di attesa o
durante le riprese chissà quante cose divertenti saranno capitate...
"Per fortuna! Per una scena
girata in un ristorante avevo chiesto un cameriere indiano. Ebbene, me ne
arrivò uno biondissimo. Dal momento che non ne avevo a disposizione un altro,
lo convinsi a tingersi i capelli di nero. Le assicuro che non è stato facile…".
- E’ abituata ad aspettare. Sette anni
per fare il suo film. Quasi altrettanti
per portare in Italia Stiopa, il bimbo che ha
adottato. Una bella storia da raccontare …
"Anche questa è stata una vicenda un po’
simile a quella del film nel senso che, anche in questo caso, si è rivelato
tutto più complicato di quello che avrebbe dovuto essere. Io e mio marito
abbiamo dovuto affrontare una serie infinita di problemi burocratici e
non".
- Adesso quanti anni ha?
"Ne ha appena compiuti sei ed è con noi
da circa un anno. Viene dalla Russia".
- Lei ha già due
figlie grandi. Perché ha sentito il desiderio di rimettersi in gioco come
madre?
"Ho sempre avuto questo desiderio. Mia
madre ha avuto otto figli e ci diceva sempre: “Quando sarete grandi adottate un
bambino. Ci sono tanti bambini soli. Non fatene così tanti, come me, ma salvate
qualcuno che ha bisogno”.
- C’è qualcosa che ancora non ha
fatto?
"La tragedia Greca".
- Prossimo
progetto?
"L’anno prossimo
lavorerò a teatro in Italia con un testo del grande drammaturgo Martin
Crimp. E poi dovrei fare un altro film
in Francia".
- Se rinascesse?
"Farei la
musicista. Amo tutta la musica, tranne i cantautori troppo intellettuali".
- Chi vincerà le presidenziali in Francia?
"Spero Hollande. Le mie preferenze verso
la sinistra non le ho mai nascoste".
- Le nostre vicende politiche le segue? Il
governo Monti le piace?
"Ho talmente patito il precedente Governo che mi sto ancora godendo il sospiro di sollievo che ho tirato quando
si è insediato l’esecutivo tecnico. Questo
non significa che condivido tutte le misure adottate dal nuovo premier per
risolvere la crisi. Ritengo ci siano provvedimenti che penalizzino troppo le
classi meno privilegiate e ho l’impressione che la giustizia sociale sia ancora
molto lontana".
Ciliegine
regia
di Laura Morante
sceneggiatura
di Laura Morante e Daniele Costantini
con
Laura
Morante, Pascal Elbe, Isabelle Carrè, Samir Guesmi, Patrice Thibaud, Frederic
Pierrot, Vanessa Larrè, Georges Claisse