Emiliano Manfredonia
Riceviamo e volentieri pubblichiamo l'intervento di Emiliano Manfredonia, vicepresidente delle Acli e presidente del Patronato dell'Associazione.
Le Acli hanno guardato con grande fiducia all’avvio del nuovo governo. Non per faziosità politica ma per poter vedere realizzato un programma all’altezza delle sfide odierne, con l'effetto di una stabilità economica duratura. Un governo in grado di guardare non solo alle prossime scadenza elettorali ma capace di avviare processi di riforma veri. Un governo che richiamando le parole del premier Conte, cerchi un nuovo umanesimo. Crediamo infatti che si sia riaperta la crisi globale, per nulla risolta in questi anni, complice il prevalere di un riformismo solo di facciata, che non ha toccato i poteri e i fattori di fondo. Una crisi che a questo punto si ripresenta non solo dal punto di vista finanziario ma innanzitutto economico, andando a incidere ancor più sulla carne viva della gente, acuita da una politica che vede la forte frammentazione e l' instabilità delle grandi democrazie occidentali e della stessa Unione Europea.
Senza una svolta non di innovazione, ma di profondo rinnovamento della democrazia in senso popolare e partecipato, di distribuzione reale del potere, non solo del reddito, di riscatto dei ceti più deboli, saremo condannati a derive autoritari e a un totale insuccesso. Perché la vera crisi non è nell'assenza di risorse e opportunità, ma nell'incapacità dei vari settori, soggetti, territori e persone che compongono la società di vedersi insieme dentro le sfide, e non gli uni contro gli altri, a tutto vantaggio del più forte.
La domanda di fondo è: un'alleanza di governo che si proclama e si dice progressista vuole continuare a stare al legittimo schema tradizionale o ha il coraggio di osare di più, coinvolgendo a livello di partecipazione la società civile, specie quella più popolare, quella che cerca di rappresentare le ragioni degli sconfitti, di chi la crisi non l’ha mai superata?
Non che la società civile sia il luogo di redenzione della politica, ma se si vuole essere all'altezza del compito di conseguenza serve un modo nuovo di fare il governo, di governare e, con tutto il rispetto per chi da tempo è entrato in politica, anche di volti nuovi che possano rappresentare il meglio delle campagne del lavoro e delle proposte portate avanti in questi ultimi mesi e anni per un Paese veramente diverso, a partire dalla lotta per sconfiggere povertà e diseguaglianze. Persone che possono cambiare il linguaggio della politica, la narrazione della realtà, riportando verità nelle azioni di un esecutivo. Persone foriere di speranza e azioni positive che non dovranno più essere chiuse in un recinto ma permeare l’attività e le ambizioni di questo governo.
Il nuovo esecutivo deve riprendere il dialogo con i corpi intermedi, valorizzare le proposte serie e competenti che il mondo degli enti non riconducibili né al mercato né allo Stato ha avanzato anche durante i mesi del governo giallo-verde - soprattutto in materia di contrasto alla povertà assoluta e relativa - oltre a completare l’iter della riforma del Terzo settore, interrotto con la fine della scorsa legislatura e sostanzialmente rimasto fermo negli ultimi 18 mesi.
Tutto questo sarebbe un concreto e fattivo contributo al perseguimento del bene comune, fine ultimo della politica. C'è il rischio di nuovi collateralismi? É un rischio che si può correre se non ci si relega al ruolo di cooptati. Ma è un rischio che va corso, anche per un mondo cattolico che ha rialzato la testa di fronte alla disumanità di questi mesi con la politica dei porti chiusi e non deve più stare alla finestra.
Le idee camminano sulle gambe delle persone. Per questo riteniamo che chi ha avuto e ha grandi responsabilità nelle grandi organizzazioni della società civile e nelle loro reti e che è stato ed è protagonista dell’attuale stagione del Paese debba mettersi a disposizione in questa delicata fase politica italiana ed europea per tentare, anche da posizioni di responsabilità di governo, di varare misure efficaci che riducano le disuguaglianze. Misure che possano aiutare a cambiare il vento del populismo e del nichilismo che pervade non senza ragione larghe fasce di popolazione, soprattutto nei ceti popolari e medi-impoveriti.
Emiliano Manfedonia
Vicepresidente delle Acli e Presidente del Patronato Acli