Nessuna pallina rotola nei
due calciobalilla all’entrata
della sala giochi.
Così come sono quasi
tutte vuote le postazioni
dei classici videogame e
di altre attrazioni in cui
è richiesta un minimo di
abilità. Eppure il grande salone al primo
piano del centro commerciale di
Milano, con le sue luci e i suoi suoni
ammiccanti, in questo sabato pomeriggio
è pieno di ragazzini, molti dei
quali hanno meno di 10 anni.
Ecco un gruppetto dirigersi di
corsa verso una macchinetta. In una
mano stringono un sacchetto pieno
di monete da 50 centesimi, nell’altra
dei bigliettini di carta. La macchinetta
sembra una roulette. Anzi è una
roulette, tranne per due particolari:
non ci sono numeri, ma solo cinque
colori; se la pallina si ferma sul colore
su cui si è scommesso la moneta da
50 centesimi non si vincono soldi, ma
i bigliettini di prima, che in gergo si
chiamano ticket redemption, letteralmente
riscatto del biglietto. In pratica,
ognuno vale un punto e ogni volta che
si raggiunge una certa cifra si ha diritto
a un premio. Ecco il brillante sistema
grazie al quale questa roulette è
perfettamente legale: perché in palio
non ci sono soldi, ma macchinine, pupazzetti,
biglietti del cinema, cellulari.
Ma torniamo al nostro gruppetto
di ragazzini. Alcuni schiacciano compulsivamente
i pulsanti che servono
a far girare la pallina, gli altri fanno il
tifo e aspettano il loro turno. A un certo
punto una bambina si stacca e va dalla
mamma che è seduta con le amiche al
bar accanto. Il suo sacchetto di monete
è rimasto vuoto. «Ancora un euro!»,
implora. La mamma fa segno di no, ma
alla fine cede. La bimba torna contenta
dai suoi amichetti: almeno altre due
partite sono assicurate.
Ma nel frattempo il suo posto è
stato preso da un adulto seguito da altri
che si mettono a giocare accanto ai
bambini: evidentemente, la roulette
è concepita davvero bene se riesce ad
attirare tutti. E già da questo si capisce
la sua pericolosità: ciò che conta è il
brivido che si prova all’idea di poter
vincere qualcosa, non importa cosa.
Un brivido per il quale si è disposti a
provare e riprovare ancora. Anche perché,
agli occhi dei bambini, vincere
sembra davvero facile. La macchinetta
continua a sputare ticket a ripetizione
e molti piccoli vanno in giro fieri con la
loro montagnetta di carta. Ma quanta
ce ne vuole per ritirare i premi? Con 135
ticket si vince un soldatino, con 395 una
macchinina. Poi, sempre più su, con 650
un biglietto per il cinema fino ai 59.750
necessari per un cellulare.
Allora fingo di essere un papà che è
entrato qui per la prima volta con suo figlio di sette anni e faccio un rapido
sondaggio con altri genitori. Salta fuori
che in media danno ai loro bambini
10 o 15 euro per giocare e quasi sempre
tornano a casa al massimo con una
macchinina che potrà valere la metà
della cifra spesa. Ma di solito preferiscono
non ritirare il premio. Così, con
la scusa di accumulare nuovi ticket
e conquistarne altri di maggior valore,
tornano di nuovo qui.
Intanto davanti alla simil-roulette
si sono fermati un nonno con i
suoi nipotini: uno ha 10 anni, mentre
la sorellina ne ha 6. La piccola non ha
vinto e il fratello la rimprovera: «Non
hai premuto bene!». Non capisce che è
solo questione di fortuna, ma una cosa
l’ha capita e la suggerisce al nonno:
«Se mettiamo una moneta per ognuno
dei cinque colori, vinciamo di sicuro!». «Sì, ma così fai fuori in un botto
solo due euro e cinquanta!». A questo
punto rivelo di essere un giornalista e
chiedo al nonno se non pensa che
questo gioco sia pericoloso per i
suoi nipoti: «Per questo ci sono io che
a un certo punto dirò basta», ribatte.
E quando gli chiedo se non c’era un
altro modo per passare il pomeriggio
insieme, allarga le braccia: «Mi hanno
chiesto loro di venire qui. Di solito, ci
vengono con mamma e papà...».
Ma non c’è solo la roulette in questa
specie di casinò per bambini. Una
mamma si fa aiutare dal suo piccolo
di 4 anni a tirare la leva che aziona
una ruota della fortuna. Il giro è stato
fortunato. La mamma gli sorride:
«Bravo!». E lui esclama: «Un’altra volta,
un’altra volta!». Molto gettonato, è
il caso di dirlo, è poi un altro gioco in
cui si inserisce una moneta che, cadendo
su altre monete, le muove: se
qualcuna cade in un buco si vincono
i soliti ticket (anche in questo caso è
questa l’unica differenza rispetto alla
slot “vera” dove in palio ci sono i soldi).
Un bambino incrocia le mani come
se pregasse seguendo il movimento
delle monete. E quasi piange quando
capisce di non aver vinto.
Lo stesso meccanismo è alla base
di un altro gioco dove a muoversi
avanti e indietro sono delle caramelle
e di un altro ancora che vede impegnate
in questo momento una mamma
con sua figlia: premendo un pulsante,
si fa scendere una pallina che cade su
una superficie su cui ci sono dei fori.
Se ne centra uno, si vince. «Se giochi
tanto, ci lasci lo stipendio», confida la
mamma. Ma quando dico di essere un
giornalista, subito minimizza: «Questa
è solo la terza volta che veniamo
qui. Giochiamo tre euro e poi basta».
E in effetti dopo un po’ si allontanano.
Ma dopo pochi minuti ritornano.
La mamma ha solo scambiato banconote
con altre monete da 50 centesimi.
Ed ecco che riprendono a giocare.
Solo che la bambina si stufa presto
e va da un’altra parte. Resta solo la
mamma a caccia di nuovi ticket.
All’uscita, stavolta uno dei due calciobalilla
è occupato da tre ragazzine
che hanno l’aria di divertirsi un mondo.
Finita la partita, chiedo a una di
loro se le è piaciuto. «Sì, ma preferisco
i giochi che ci sono dentro». Però qui
dovete sfidarvi e vince chi è più bravo,
provo a obiettare. «Sì, ma con gli altri
si vincono i ticket». Proprio di fronte a
lei c’è una porta nera: è l’ingresso della
sala giochi per adulti. Tra qualche
anno sarà prontissima a passare dalla
scuola all’università dell’azzardo.