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De Falco: "Le accuse non reggono, bisognava aiutare la nave ad attraccare"

29/06/2019  "A bordo non migranti, ma naufraghi. La Sea Watch in emergenza doveva essere scortata fino alla banchina"

«Le accuse verso Carola Rackete sono infondate». Non ha dubbi Gregorio De Falco, senatore del gruppo misto, ma soprattutto ex comandante della Guardia Costiera. «Il comandante della Sea Watch ha fatto un soccorso, ha preso a bordo delle persone che sono dei naufraghi. Non si tratta dunque di immigrazione clandestina, ma di soccorso. Il soccorso, come ci spiegano le convenzioni internazionali si impone d’autorità su tutti i comandanti di tutte le navi dei Paesi aderenti e si conclude soltanto nel momento in cui il comandante porta le persone soccorse a terra». Inoltre, spiega de Falco, «il comandante Rackete, fuori dal porto di Lampedusa per 15 giorni aveva dichiarato da 36 ore l’emergenza. Quando una nave è in emergenza, o un aereo è in emergenza o una automobile è in emergenza, le forze dell’ordine hanno il dovere di facilitare il percorso di questo mezzo». Il senatore fa l’esempio di «un’automobile che mostra il fazzoletto bianco dal finestrino e f i segnalamenti sonori previsti indicando con ciò di avere un ferito a bordo. In questo caso nessun poliziotto ha il potere di fermare l’auto per verificare la correttezza e il merito della segnalazione di emergenza. La deve scortare fino in ospedale agevolandone il percorso. Soltanto in seguito un’altra autorità verificherà, eventualmente, se fosse insussistente la dichiarazione di emergenza. Questo va tenuto presente per non confondere i momenti. Confusione che è molto pericolosa». De Falco ricostruisce: «Da 36 ore il comandante Rackete aveva dichiarato emergenza, a quel punto chiedeva costantemente di entrare in porto. Non solo non è stata agevolata, ma è stata ostacolata da una motovedetta della Guardia di finanza che su disposizione non so di chi si è frapposta all’ingresso. Se il comandante della motovedetta avesse voluto impedire l’ormeggio alla banchina, semplicemente poteva lei ormeggiarsi alla banchina e occuparla. Invece, come mi hanno raccontato i parlamentari che erano a bordo, la motovedetta faceva avanti e indietro lungo la banchina impedendo l’ormeggio alla Sea Watch. Ma mi cheido che senso avesse tutto questo. La nave era già in acque interne quindi in territorio dello Stato italiano. Che la nave rimanesse all’esterno del porto o che mettesse le cime a terra e ormeggiasse affianco alla banchina non modificava nulla dal punto di vista del regime giuridico. Impedire alla nave di andare all’ormeggio è una inutile violenza, non ha alcuno scopo giuridico o pratico. È solo una dimostrazione di forza. Ripeto una inutile violenza che doveva essere evitata». Infine il senatore ci tiene a ribadire che «quello della sea Watch non è un fatto pertinente l’immigrazione. Una cosa è l’immigrazione e altro è il soccorso marittimo che si rivolge a dei naufraghi le persone a bordo della nave non erano migranti erano naufraghi. Diventano migranti solo dopo aver messo piede a terra, dopo essere stati identificati e dopo aver dichiarato di voler fare ingresso in Italia. In quel momento presentano le credenziali per diventare migranti. Ma, finché sono persone che sono state recuperate dal mare o meglio sottratte alla fame del mare, cioè alla morte, sono naufraghi. E quindi non si applica l’art 19 della Convenzione di Montego Bay che è invocato nel decreto sicurezza bis. Invocarlo è del tutto fuori luogo. Non si applica neppure il regolamento di Dublino che invece si applica ai migranti. Non c’è bisogno di zone franche per i naufraghi. Quando il naufrago, come diceva Virgilio, mette piede sulla terra è una persona che va difesa. E va difesa perché questo è il senso di umanità che, al di là di tutte le regole e di tutte le norme, deve connotare il rispetto dell’uomo verso l’uomo».

 

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