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domenica 06 ottobre 2024
 
 

Le armi nel mirino

15/09/2013  La Camera ha ratificato all'unanimità il Trattato sul commercio delle armi approvato dall'Onu lo scorso aprile. Ora tocca al Senato. Il testo prevede regole più rigide sull'export. Il plauso delle associazioni pacifiste, che però chiedono di fare di più.

Il 12 settembre è stato un bel giorno per la Camera dei Deputati. Il perché lo spiega la Presidente Laura Boldrini: «È un segno importante il voto unanime con il quale la Camera ha ratificato il Trattato sul commercio delle armi che le Nazioni Unite hanno approvato ad aprile. Un tema di grande rilievo etico ed economico, sul quale è intervenuto con parole di straordinaria efficacia ed autorevolezza anche Papa Francesco».

Ora la palla passa al Senato, ma Montecitorio ha dato il disco verde; il disegno di legge, frutto sia di iniziativa governativa che di proposte parlamentari, ratifica il Trattato che obbliga i Paesi contraenti a imporre regole ai costruttori di materiale bellico, a combattere il mercato illegale e a regolamentare l’esportazione delle armi convenzionali.

Responsabilizza i governi: non impedisce il commercio delle armi, ma prevede che ogni Paese debba valutare, prima di qualsiasi transazione, se le armi vendute rischiano di essere utilizzate per aggirare un embargo internazionale, per commettere “gravi violazioni” dei diritti umani, o cadere nelle mani di terroristi.

All’Assemblea generale dell’Onu, il Trattato è stato adottato con 154 voti a favore, tre contrari (Siria, Corea del Nord e Iran) e 23 astenuti fra i quali Russia e Cina. Per entrare in vigore, deve essere ratificato da almeno 50 Stati: se il Senato sarà veloce, l’Italia potrebbe diventare la quinta nazione, dopo Islanda, Antigua e Barbuda, Nigeria e Guyana.

Il mercato delle armi vale 60 miliardi di dollari l'anno

Soddisfazione è stata espressa da associazioni come Amnesty International e Rete Italiana per il Disarmo che da tempo chiedono la regolamentazione sui trasferimenti di armamenti e che in questi giorni hanno ricordato come in Siria si sparasse anche con armi italiani e munizioni prodotte a Brescia e Lecco.

Secondo Amnesty, il giro d’affari per la compravendita di armi è intorno ai 60 miliardi di dollari e ogni anno il loro utilizzo provoca nel mondo almeno 500.000 morti. Control Arms, la coalizione internazionale di cui la Rete Disarmo è il partner italiano, ha fatto i conti: ogni minuto una persona muore per la violenza armata, nello stesso minuto vengono prodotte 15 nuove armi.

Sebbene la positività del Trattato non sia assolutamente messa in discussione, la Rete Disarmo ne ricorda tuttavia un limite: «La sua adozione riguarda solo i principali sistemi d’arma, le armi leggere e di piccolo calibro, mentre permane solo una serie di limitate forme di controllo sulle munizioni e sulle componenti di armi e restano esclusi sia le armi da fuoco che non hanno un esclusivo uso militare, sia i trasferimenti di armi all’interno di accordi governativi e programmi di assistenza e cooperazione militari. Questi elementi ci convincono a non accontentarci del risultato, ma a continuare il lavoro soprattutto in termini di miglioramento futuro del testo e di organizzazione adeguata dei meccanismi della sua implementazione».

Da Giorgio Beretta, analista della Rete, arriva una proposta: «Ci aspettiamo che il Governo italiano, una volta ratificato il testo, si faccia subito promotore di simili ratifiche sia all’Unione Europea sia presso la Nato. I Paesi aderenti alle due principali alleanze del nostro Paese - Usa compresi - non possono affermare di voler promuovere la pace e la sicurezza internazionale se non ratificano un Trattato che intende prevenire il commercio illegale di armi». L’Unione Europea potrebbe garantire da sola più della metà delle cinquanta ratifiche necessarie all’entrata in vigore.

 
 
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