Il
12 settembre è stato un bel giorno per la Camera dei Deputati. Il
perché lo spiega la Presidente Laura Boldrini: «È
un segno importante il voto unanime con il quale la Camera ha
ratificato il Trattato sul commercio delle armi che le Nazioni Unite
hanno approvato ad aprile. Un tema di grande rilievo etico ed
economico, sul quale è intervenuto con parole di straordinaria
efficacia ed autorevolezza anche Papa Francesco».
Ora
la palla passa al Senato, ma Montecitorio ha dato il disco verde; il
disegno di legge,
frutto sia di iniziativa governativa che di proposte parlamentari,
ratifica il Trattato che obbliga i Paesi contraenti a imporre
regole ai costruttori di materiale bellico, a combattere il mercato
illegale e a regolamentare l’esportazione delle armi convenzionali.
Responsabilizza i
governi: non impedisce il commercio delle armi, ma prevede che
ogni Paese debba valutare, prima di qualsiasi transazione, se le armi
vendute rischiano di essere utilizzate per aggirare un embargo
internazionale, per commettere “gravi violazioni” dei diritti
umani, o cadere nelle mani di terroristi.
All’Assemblea
generale dell’Onu, il Trattato è stato adottato con 154 voti a
favore, tre contrari (Siria, Corea del Nord e Iran) e 23 astenuti fra
i quali Russia e Cina. Per entrare in vigore, deve essere ratificato
da almeno 50 Stati: se il Senato sarà veloce, l’Italia potrebbe
diventare la quinta nazione, dopo Islanda,
Antigua e Barbuda, Nigeria e Guyana.
Il mercato delle armi vale 60 miliardi di dollari l'anno
Soddisfazione
è stata espressa da associazioni come Amnesty International e Rete
Italiana per il Disarmo che da tempo chiedono la regolamentazione sui
trasferimenti di armamenti e che in questi giorni hanno ricordato
come in Siria si sparasse anche con armi italiani e munizioni
prodotte a Brescia e Lecco.
Secondo
Amnesty, il giro d’affari per la compravendita di armi è intorno
ai 60 miliardi di dollari e ogni anno il loro utilizzo provoca nel
mondo almeno 500.000 morti. Control Arms, la coalizione
internazionale di cui la Rete Disarmo è il partner italiano, ha
fatto i conti: ogni minuto una persona muore per la violenza armata,
nello stesso minuto vengono prodotte 15 nuove armi.
Sebbene la positività
del Trattato non sia assolutamente messa in discussione, la Rete
Disarmo ne ricorda tuttavia un limite: «La sua adozione riguarda
solo i principali sistemi d’arma, le armi leggere e di piccolo
calibro, mentre permane solo una serie di limitate forme di controllo
sulle munizioni e sulle componenti di armi e restano esclusi sia le
armi da fuoco che non hanno un esclusivo uso militare, sia i
trasferimenti di armi all’interno di accordi governativi e
programmi di assistenza e cooperazione militari. Questi elementi ci
convincono a non accontentarci del risultato, ma a continuare il
lavoro soprattutto in termini di miglioramento futuro del testo e di
organizzazione adeguata dei meccanismi della sua implementazione».
Da Giorgio Beretta,
analista della Rete, arriva una proposta: «Ci aspettiamo che il
Governo italiano, una volta ratificato il testo, si faccia subito
promotore di simili ratifiche sia all’Unione Europea sia presso la
Nato. I Paesi aderenti alle due principali alleanze del nostro Paese
- Usa compresi - non possono affermare di voler promuovere la pace e
la sicurezza internazionale se non ratificano un Trattato che intende
prevenire il commercio illegale di armi». L’Unione Europea
potrebbe garantire da sola più della metà delle cinquanta ratifiche
necessarie all’entrata in vigore.