Alle nove di mattina Osas Egbon, nigeriana, è davanti al Centro aiuto alla vita di Palermo. Accompagna Aminah e Isa, visi tirati nonostante i 20 anni, e pancioni al quinto e sesto mese. «Sono spaventate, qui possono trovare aiuto per sé e i loro figli», ci dice.
Per le ragazze nigeriane in cerca di libertà dalla schiavitù della prostituzione, Osas, lunghi capelli neri e grinta da vendere, è un punto di riferimento. Non solo perché parla la loro stessa lingua ma perché ha provato sulla sua pelle cosa significano prostituzione e violenza. È stata anche lei una vittima di tratta prima di riuscire a liberarsi nel 2004 e ricostruirsi una vita. Oggi presiede l’associazione “Donne di Benin City”, l’unica in Italia a essere stata fondata da nigeriane ex vittime di tratta. Nel nome, un luogo preciso: la capitale dello Stato da dove Osas è arrivata nel 2002 e da cui proviene l’80 per cento delle nigeriane costrette a prostituirsi. Le stime dell’associazione fotografano solo a Palermo almeno 300 giovani nigeriane sfruttate per un mercato che frutterebbe 10 milioni di euro l’anno. Inoltre le testimonianze raccontano di una trentina di Connection house, case in cui le giovani vengono controllate a vista e fatte prostituire. «Quando siamo partite, tre anni fa», racconta Osas, «andavamo nelle strade per trovare un contatto: il Foro italico, il parco della Favorita, via Lincoln. Oggi siamo conosciute. Abbiamo aperto sportelli di ascolto. E abbiamo capito che ogni luogo può diventare occasione di contatto: dal parrucchiere al mercato».
Volantini e bigliettini con il numero di cellulare a cui chiamare per richieste di aiuto (cell 351.2272697), Osas li porta sempre con sé. E lo stesso fanno le altre socie nigeriane come Duris, 45 anni e 4 figli, e i volontari: palermitani ma anche giovani arrivati dal Nord Italia, come Naomi Morello, 26 anni, o dall’estero come Helen Hecker, 31 anni, che ha firmato un reportage lo scorso anno su queste donne e poi è rimasta ad aiutarle. «In tre anni», racconta Osas, «siamo riuscite a tirare fuori dalla prostituzione 30 ragazze. Ora stiamo provando a creare una Casa di fuga. Un luogo dove possano ricominciare davvero».