Le ragazze in media sono più studiose dei coetanei maschi, vanno meno incontro a insuccessi scolastici alle superiori, hanno voti di laurea più brillanti, e anche se non provengopno da famiglie con genitori laureati tendono a fare un percorso universitario. Quando però si tratta di trovare lavoro, vanno incontro a maggiori penalizzazioni anche in termini di retribuzione e in particolare se decidono di avere figli.
Il Rapporto 2022 sul Profilo dei laureati di Almalaurea mostra che tra i laureati del 2021, dove è nettamente più elevata la presenza della componente femminile (59,4%), la quota delle donne che si laureano in corso è pari al 63,0% (è 57,9% per gli uomini) con un voto medio di laurea uguale a 104,2 su 110 (è 102,4 per gli uomini); occorre sottolineare che ciò è frutto anche dei diversi percorsi formativi intrapresi.
Le differenze tra studenti e studentesse emergono chiare fin dall’approccio allo studio nel corso della scuola secondaria (di primo e di secondo grado). Il Rapporto 2023 sul Profilo dei Diplomati mostra che tra i diplomati del 2022 il 43,9% delle ragazze alla scuola media inferiore ottiene un voto d’esame superiore o uguale a 9 (percentuale pari al 31,5% tra i ragazzi) e quando arrivano sui banchi delle superiori, che siano quelli di un liceo, un istituto tecnico o un professionale, raggiungono ottimi risultati. Il 94,0% delle studentesse non fa ripetenze (è il 90,0% per ragazzi) e conclude la scuola secondaria superiore con un voto medio di diploma pari a 83,2 su cento (è 78,7 per i ragazzi). Inoltre, il 22,0% delle studentesse compie esperienze internazionali (è il 14,3% dei ragazzi), in particolare organizzate dalla scuola. Sono inoltre impegnate in attività di carattere sociale (14,1% delle ragazze rispetto al 10,0% dei ragazzi); sono interessate a proseguire gli studi soprattutto all’università: si tratta dell’80,2% delle diplomate rispetto al 64,3% dei diplomati.
Percorsi ed esperienze che mettono in luce anche altri indicatori importanti e cioè quelli riferiti alle motivazioni a proseguire il percorso di studi post diploma e alle esperienze svolte durante gli studi: le donne si iscrivono all’università spinte più frequentemente da forti motivazioni culturali (29,7% rispetto al 26,4% degli uomini) e svolgono un buon numero di tirocini e stage riconosciuti dal proprio corso di laurea (60,8% rispetto al 51,6% degli uomini).
Il contesto familiare di origine
Le laureate provengono in misura maggiore da contesti familiari meno favoriti sia dal punto di vista culturale sia socio-economico. Il 28,4% delle donne ha almeno un genitore laureato rispetto al 34,6% degli uomini. Inoltre, le donne sono meno coinvolte dal fenomeno dell’ereditarietà del titolo di laurea, soprattutto se quest’ultimo afferisce alle discipline che indirizzano verso la libera professione: tra i laureati a ciclo unico con almeno un genitore con titolo di studio universitario, infatti, ereditano la medesima laurea dei genitori il 30% delle donne rispetto al 41% degli uomini. Il differenziale di genere permane considerando anche lo status socio-economico, se è vero che il 20,8% delle donne proviene da una famiglia di estrazione sociale elevata rispetto al 24,5% degli uomini.
Occupazione e tipologia di attività lavorativa
Il Rapporto 2022 sulla Condizione occupazionale dei laureati registra ancora una volta significative e persistenti disuguaglianze di genere.
Su tale aspetto AlmaLaurea ha sviluppato un approfondimento ad hoc evidenziando che tra i laureati di secondo livello, a cinque anni dal conseguimento del titolo, le differenze di genere, in termini occupazionali, si confermano significative e pari a 4,2 punti percentuali: il tasso di occupazione è dell’86,7% per le donne e del 90,9% per gli uomini. Inoltre, gli uomini svolgono più frequentemente un’attività alle dipendenze a tempo indeterminato (60,1% rispetto al 52,6% delle donne, a cinque anni dal titolo di laurea). È comunque interessante notare che tale differenza è legata anche alle diverse scelte professionali maturate da uomini e donne; queste ultime, infatti, tendono più frequentemente a inserirsi nel pubblico impiego e nel mondo dell’insegnamento, notoriamente in difficoltà nel garantire, almeno nel breve periodo, una rapida stabilizzazione contrattuale. Aspetto questo legato a un altro grande tema che entra di prepotenza nelle differenze di genere: il Gender Pay Gap.
Retribuzioni, efficacia del titolo e soddisfazione per il lavoro svolto
Tra i laureati di secondo livello che hanno iniziato l’attuale attività lavorativa dopo la laurea e lavorano a tempo pieno emerge che il differenziale retributivo, a cinque anni, è pari al 12,9% a favore degli uomini: 1.799 euro netti mensili rispetto ai 1.593 euro delle donne.
In termini di efficacia del titolo nel lavoro svolto, però, le differenze si attenuano notevolmente: infatti ritiene il titolo “efficace o molto efficace” per lo svolgimento del proprio lavoro il 69,7% delle donne occupate e il 69,2% degli uomini occupati.
In generale le donne risultano leggermente meno soddisfatte del proprio lavoro; in particolare, a cinque anni dalla laurea sono meno gratificate dalle opportunità di contatti con l’estero, dalle prospettive di guadagno e di carriera, dalla flessibilità dell’orario di lavoro e dalla stabilità e sicurezza del lavoro. Fanno eccezione, denotando una maggiore soddisfazione nella componente femminile, l’utilità sociale del lavoro e il tempo libero a disposizione.
Figli come fattore penalizzante per le donne
Il forte divario in termini occupazionali e retributivi tra uomini e donne aumenta in presenza di figli, la cui presenza penalizza le donne, non solo in termini di divario occupazionale ma ancora una volta in termini retributivi.
Il differenziale occupazionale si conferma a favore degli uomini, a cinque anni dalla laurea, ed è pari a 22,8 punti percentuali tra quanti hanno figli (è di 2,3 punti percentuali tra chi non ne ha) mentre quello retributivo raggiunge il 23,6% (è del 12,0% tra chi non ha figli).
Laureate nei percorsi STEM
L’Indagine sul Profilo dei laureati mette in evidenza la diversa composizione per genere tra i laureati STEM (Science, Technlogy, Engineering, Mathematics), dove le donne sono in numero minore (40,9% rispetto al 59,1% degli uomini), ma sono più brave (voto medio di laurea 104,2 su 110 per le donne, rispetto al 102,3 degli uomini; tra le donne il 57,6% ha concluso gli studi nei tempi previsti rispetto al 53,0% degli uomini).
Malgrado le performance femminili siano migliori, resta vero che le donne, anche in questo ambito disciplinare, sono penalizzate nel mondo del lavoro. Infatti, l’Indagine sulla Condizione occupazionale mostra che a cinque anni dal conseguimento del titolo di secondo livello il tasso di occupazione è pari al 94,1% per gli uomini al 90,9% per le donne. Il divario retributivo uomini-donne, pur se permane elevato e a favore dei primi, tende però a ridursi tra i laureati dei percorsi STEM: 1.845 euro mensili netti percepiti dagli uomini rispetto ai 1.650 euro delle donne (+11,8%).
Rispetto, poi, alla differenza territoriale riferita alle discipline STEM il differenziale retributivo tende ulteriormente a ridursi se si considerano i laureati STEM che, dalle aree del Mezzogiorno, si spostano nel Centro-Nord per lavorare: in tal caso il differenziale è pari a +10,9% (le retribuzioni sono 1.819 euro per gli uomini e 1.640 euro per le donne).