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Le guerre e i colpevoli silenzi

13/07/2012  Si combatte in 35 Paesi, ma gli italiani sanno ben poco di questi conflitti dimenticati. Lo documenta un sondaggio Swg per Caritas, Il Regno e Famiglia Cristiana.

Novantanove italiani su cento non sanno che nella Repubblica democratica del Congo si spara e si muore. Ma un italiano su due non sa neppure che in Afghanistan si combatte. Un dato che lascia sgomenti, dal momento che là è schierato un contigente di circa 4.000 militari e il nostro Paese piange 51 caduti. Le guerre si alimentano (anche) di colpevoli silenzi.

Chiunque potrebbe fare un semplice test: prendere carta e penna e scrivere, in tre minuti, una dopo l’altra le guerre in corso nel mondo. O meglio, quelle che ricorda.
La lista, probabilmente, non arriverebbe a 10. Forse i più informatine metterebbero in fila 15. Eppure sono molte di più, le guerre: oggi, insanguinano 35 Paesi. Solo in Africa il “censimento”annovera 15 Stati devastati dalla violenza e dalle bombe. Un’altra decina di realtà del pianeta vivono tensioni, conflitti a “bassa tensione”, instabilità politica e militare.E le missioni Onu di pacificazione sono ben 15, in tutto il mondo.

Ma quanti italiani sono consapevoli di tutto ciò? Per rispondere a questa domanda Caritas italiana, Famiglia Cristiana e Il Regno hanno chiesto, per la quarta volta, alla Swg di Trieste di realizzare un sondaggio sui “conflitti dimenticati”. I precedenti sono stati realizzati nel 2001, nel 2004 e nel 2008. In queste pagine presentiamo la sintesi e alcune delle tabelle sui risultati dell’indagine demoscopica, di cui verrà dato un resoconto completo e analitico in un libro dedicato per intero alle guerre dimenticate, che Il Mulino pubblicherà nel prossimo autunno.

Che cosa emerge dal sondaggio? Innanzitutto che i conflitti sono ancora molto “dimenticati”: una guerra come quella dell’Afghanistan, di cui i mass media hanno parlato parecchio, viene ricordata da meno della metà del campione (il 46 per cento), quella libica dal 26, e il conflitto israelo-palestinese scende a 11 intervistati su cento. I conflitti africani, poi, stanno sempre a fondo scala: la più che ventennale guerra civile somala viene segnalata dal 5 per cento del campione, quella del Darfur (in Sudan occidentale) dall’8, quella congolese addirittura dall’1 per cento degli intervistati. Ma anche guerre asiatiche come quella della Cecenia o del Pakistan non superano il 2 per cento. E le pure recentissime “Primavere arabe” dell’Egitto (4 per cento) e della Tunisia (1 per cento) sono già finite nel dimenticatoio. Chiude il Congo, ancora con l'1 per cento.

La vera novità del sondaggio 2012 è comunque il dato generale della crescita di consapevolezza: «La rilevazione», spiega Walter Nanni, il sociologo di Caritas che ha curato con la Swg l’elaborazione dell’indagine, «coglie alcuni segnali di trasformazione nella coscienza collettiva nazionale: si passa da un’attenzione genericamente umanitaria per le guerre lontane, a un interesse più personale e consapevole verso situazioni di conflitto che sentiamo più vicine e che condizionano la nostra quotidianità, se non altro per l’effetto delle speculazioni finanziarie ed economiche che le fomentano e che giungono a intaccare i nostri stessi stili di vita». Un sondaggio, quindi, con luci e ombre. Ad esempio, se da un lato gli italiani ripongono una fiducia crescente nelle Organizzazioni non governative (il 37 per cento) e nell’Onu (26 per cento), dall’altro il ruolo del Governo italiano viene percepito come irrilevante (solo il 4 per cento lo segnala).

«Per noi», dice Paolo Beccegato, direttore dell’area internazionale della Caritas italiana, «è importante l’aspetto culturale ed educativo di una solidarietà intelligente e documentata. Il sondaggio, da questo punto di vista, è una cartina di tornasole rilevante. Riguardando i dati, sono particolarmente colpito dal quesito che ha chiesto al campione di italiani se considera la guerra evitabile o inevitabile: solo il 19 per cento lo considera un “male necessario” perché legato alla natura dell’uomo. Il 79 per cento– e addirittura l’82 per cento fra i cattolici praticanti – ritiene che il ricorso alla guerra sarà superabile grazie all’evoluzione culturale dell’umanità».

«Credo che per questo sia importante continuare a parlare dei conflitti dimenticati», sottolinea ancora Paolo Beccegato. «Per continuare a far crescere questa sensibilità. Dobbiamo operare perché questo numero continui ad aumentare. Magari fino al 100 per cento. Per Caritas è fondamentale la costruzione della pace e della riconciliazione dal basso. Ma è un lavoro che si basa sulla premessa della evitabilità della guerra».

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