Le Messe di popolo riprenderanno, probabilmente entro la fine di maggio. Non c’è ancora una data precisa ma l'accordo di massima sulle celebrazioni eucaristiche, tra il governo e la Conferenza Episcopale Italiana, è stato raggiunto. «Esprimo la soddisfazione mia, dei vescovi e, più in generale, della comunità ecclesiale per essere arrivati a condividere le linee di un accordo, che consentirà, nelle prossime settimane, sulla base dell'evoluzione della curva epidemiologica, di riprendere la celebrazione delle Messe con il popolo», ha annunciato il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
L’Avvenire, il quotidiano della Cei, parla di ripresa delle Messe «probabilmente entro la fine del mese». Non è improbabile, secondo il giornale della Cei, che l'eucaristia con la presenza di fedeli possa riprendere già per l'Ascensione o per la Pentecoste, cioè o il 24 o il 31 maggio.
Come è noto dopo l’annuncio del decreto del Governo sulla Fase 2, la Cei aveva diffuso una nota piuttosto dura per l’esclusione della riapertura delle Messe tra i provvedimenti di ripartenza che erano stati presi. Ora nei rapporti tra Chiesa e Governo è tornato il sereno.
I vescovi italiani ribadiscono che le funzioni dovranno avvenire in totale sicurezza, come aveva anche esortato papa Francesco. «Come Chiesa – scrive in una nuova nota il cardinale Bassetti - abbiamo condiviso, certo con sofferenza, le limitazioni imposte a tutela della salute di tutti, senza alcuna volontà di cercare strappi o scorciatoie, né di appoggiare la fuga in avanti di alcuno; ci siamo mossi in un'ottica di responsabilità, a tutela soprattutto dei più esposti. Ribadisco l'importanza che non si abbassi la guardia ma si accolgano le misure sanitarie nell'orizzonte del rispetto della salute di tutti, come pure le indicazioni dei tempi necessari per tutelarla al meglio».
I vescovi della Sardegna: «Niente fughe in avanti»
Il protocollo definito tra la Cei e il Viminale dovrà essere seguito da ulteriori passaggi per essere operativo in sicurezza. Per questo, come ha detto lo stesso Bassetti, che sabato mattina è stato ricevuto in udienza in Vaticano da papa Francesco, non è tempo adesso di fughe in avanti.
I vescovi della Sardegna, non a caso, hanno preso, di fatto, le distanze dall’iniziativa del presidente della Regione Christian Solinas di riaprire alla celebrazione con i fedeli già dal 4 maggio demandando ai vescovi stessi come ha affermato, le linee guida «di contingentamento degli ingressi». «Pur apprezzando l’attenzione che il presidente Solinas ha rimarcato nella conferenza stampa odierna (sabato, ndr) verso l’apertura delle chiese alle “celebrazioni eucaristiche”», scrivono i presuli in un comunicato, «si riservano di leggere e valutare il testo dell’ordinanza regionale che verrà firmata, tenendo conto che non sono stati consultati precedentemente e che decisioni di questo tipo competono unicamente all’Autorità ecclesiastica».
Revocato l'obbligo per le parrocchie di dotarsi di termoscanner per misurare la febbre
Da lunedì 4 maggio invece potranno essere celebrati i funerali ma con regole precise, preferibilmente all’aperto e con massimo 15 partecipanti per evitare assembramenti. Una delle richieste da parte del Comitato tecnico-scientifico alle parrocchie era quella di dotarsi di termoscanner per misurare la febbre dei fedeli anche per i funerali al via dal 4 maggio. Nel dialogo con il Viminale il segretario generale della Cei, mons. Stefano Russo, ha evidenziato l’oggettiva complessità per le parrocchie di far fronte alla richiesta di dotarsi di strumenti come termoscanner e termometri digitali.
Il dialogo di sabato ha consentito il superamento di questo problema e il comitato tecnico-scientifico ha accolto la richiesta dei vescovi di rivedere l’indicazione che il Governo aveva dato nei giorni scorsi. Il comitato stesso, dal canto suo, ha raccomandato di sollecitare i parroci a sensibilizzare i fedeli a mettere la massima responsabilità per non esporre se stessi e altri a eventuali contagi. Ne è scaturita l’esplicita richiesta di rimanere a casa a quanti presentano una temperatura corporea oltre i 37,5° centigradi, di non accedere alla chiesa e di non partecipare alle celebrazioni dei funerali in presenza di sintomi di influenza o quando vi sia stato contatto con persone positive a Covid-19 nei giorni precedenti. In ogni caso, per le parrocchie è una corsa contro il tempo per essere pronte e rispettare le norme anti-contagio definite dalla Cei in dialogo con il Viminale.
Le norme sono molto restrittive e i dispositivi non facili da reperire. Da Venezia ad Aosta, da Alba a Chioggia, qualche vescovo ha gettato già la spugna e chiede ai parroci di restare alle modalità adottate durante le settimane del lockdown: la benedizione della salma al cimitero con pochi parenti, dotati di mascherine e distanziati. Tra i commenti più duri, rispetto alle nuove disposizioni, c'è quello vescovo di Chioggia, monsignor Adriano Tessarollo: «Allora diciamo alla gente: niente funerale in chiesa, ci hanno gabbato. Abbiano il coraggio di dire alla gente che i loro morti se li portino dritti al cimitero! Non infingimenti! Proibite e basta. Ho comunicato ai preti di fare come si è fatto in questi due mesi: cioè al cimitero. Toccherà al custode vigilare su chi, quanti e quali le condizioni di chi entra». Ma anche senza questo sfogo polemico sono diversi i vescovi che chiedono ai parroci di attendere ed evitare troppe responsabilità, tra le quali la necessità di misurare la temperatura e mandare via chi ha oltre 37 e mezzo di febbre.
Parla di «restrizioni» anche mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale, ma «quanto più saremo attenti e osservanti, quanto prima usciremo da questa pandemia e da questa segregazione» dice conciliante. Alle disposizioni che dovranno essere osservate da lunedì (15 persone al massimo, mascherine, distanziamenti, termometri), a livello locale in qualche caso se ne aggiungono altre. Come a Torino, dove quello che era il diritto del parroco, fissare l'ora del funerale in accordo con la famiglia, passa al Comune per evitare sovraffollamenti ai cimiteri. Sono invece pronte a partire le parrocchie di Roma che potranno chiedere al Campidoglio un aiuto per sanificare chiese e locali.
Atteggiamento positivo è quello espresso anche dall'arcidiocesi di Milano, la più grande d’Europa e tra le più toccate in Italia dal Covid-19, che dà il via ai funerali anche per le persone decedute nelle settimane scorse, quindi anche senza bara o con la presenza delle ceneri del defunto. Decisioni assolutamente eccezionali, che però rispondono anche al momento eccezionale vissuto dal Paese. «Tenendo conto che molti non hanno potuto celebrare le esequie di persone defunte nei mesi scorsi, lasciamo alla vostra saggezza e discernimento pastorali di concordare con i vostri parrocchiani», dice ai sacerdoti il vicario generale mons. Franco Agnesi, «se rimandare alle celebrazioni di suffragio che si faranno in futuro, oppure se celebrare le esequie, pur in assenza della salma o alla presenza delle sole ceneri».